Figure it out - Macallè Blues

Macallé Blues
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Figure it out

Recensioni

Il disco raccontato da...

Luca "Kiella" Chiellini

LUCA KIELLA

"Figure it out"

Autoprodotto (USA) - 2019 - EP

Ten o'clock blues/Unnecessarily mercenary/Figure it out/I can't stop loving you/So many questions

    
Quando si parla di eccellenze strumentali, troppo spesso ci si riferisce implicitamente ai chitarristi che, in tale campo, di norma, la fanno da padroni. E, invece - vivaddio - c'è anche qualcuno che, di tanto in tanto, ci ricorda che pure il pianoforte, per dire, ha un suo carattere e una sua importanza, nel blues, tutt'altro che sottovalutabili.
Moderno esempio di cervello musicale in fuga, Luca Chiellini da Volterra (in arte, Luca Kiella) ha chiuso in valigia il suo destino accanto a una tastiera per volare a Chicago e, infine, restarci. Lì, ha suonato con ogni mammasantissima del genere ed è entrato a far parte, stabilmente, della band di Toronzo Cannon, attuale artista Alligator (già di casa alla Delmark), nonché una delle punte del moderno blues della Windy City.
Figure It Out è il suo primo progetto solista e, di questo disco, si parla nell’intervista che segue….

Macallè Blues: Luca…tu sei uno dei talenti italiani emigrati negli USA. Sei partito da Volterra alla volta degli States quanti anni fa?
Luca Chiellini: sono partito da Volterra nel 2013 alla volta di Chicago e sono sempre là ad oggi, nella Windy City;
MB: com’è nata questa tua trasferta americana? Come un’avventura che si è trasformata in qualcosa di stabile in corso d’opera o sei partito avendo già stabilito preventivi contatti con musicisti locali disponendo, così, di punti di appoggio e riferimento certi?
LC: sono partito senza conoscere nessuno, solo con una valigia di vestiti e la mia tastiera. Sentivo che era il momento giusto per provare a cambiare la mia vita e così è stato. Sono arrivato a Chicago e subito partito in tour con Joe Moss, due settimane dopo. Così è iniziata la mia avventura;
MB: come dicevi anche tu, in America ti sei stabilito a Chicago dove, ora, sei un membro stabile nella band di Toronzo Cannon. In questa città, hai avuto modo di suonare con molti grandi nomi come Buddy Guy, Wayne Baker Brooks, Lurrie Bell, Carl Weathersby e molti altri ancora, non solo in ambito blues. Quale, tra tutte queste tue esperienze è quella che ritieni ti abbia arricchito di più e perché?
LC: essere sul palco per più di 180 concerti all’anno è ciò che ti arricchisce di più. Così, si capisce chi si è musicalmente e si impara veramente il palco e ad essere persone da palcoscenico.
Poter suonare con Buddy Guy, una vera e propria leggenda, e con moltissimi altri miti del blues è una esperienza che non ha prezzo, e poter essere con Toronzo ad oggi, da più di tre anni e mezzo, mi ha dato modo di capire la vita in tour, la vita sul palco, l’interazione col pubblico, come partire da storie vissute per scrivere canzoni;
MB: veniamo a questo tuo esordio discografico. Dopo aver collaborato con molti musicisti e suonato in dischi altrui, esce ora 'Figure It Out', primo progetto composto da tre brani inediti e due cover. Partiamo da quest’ultime: 'Unnecessarily Mercenary' è un brano di Jon Cleary, uno dei maggiori talenti pianistici contemporanei del genere..…
LC: quando si chiede ad un bambino: “Chi vorresti essere da grande?”...beh, se tu lo chiedessi a me, direi Jon Cleary! Ho visto Jon suonare a New Orleans e in tour negli Stati Uniti così tante volte e ogni volta mi sorprende sempre di più. Unnecessarily Mercenary è una brano che ha scritto per Bonnie Raitt. Jon è un inglese che è arrivato a New Orleans in giovane età e, dopo 35 anni, ha vinto il Grammy Award come Best Regional Act per New Orleans Music. La sua storia è una ispirazione per scrivere la mia;
MB: l’altra cover è una rivisitazione di 'I Can’t Stop Loving You', qui riletta in maniera lievemente funk…
LC: Ray Charles è un altro dei miei miti, fin dall’inizio della mia carriera pianistica. Abbiamo rivisitato con la band I Can’t Stop Loving You in una chiave un po' diversa, pensando a una versione live del brano. La musica funk è un’altra grande mia influenza, quindi poter fondere generi diversi per esprimere me stesso è molto importante;
MB: poi abbiamo tre inediti: un primo, breve strumentale e due altri brani che mi paiono piuttosto autobiografici. In particolare, il conclusivo, solitario 'So Many Questions' è sorprendente per come mescoli iniziali atmosfere pop con un mix, direi quasi, tra Elton John e Ray Charles.....
LC: mi piace molto questa tua descrizione di un mix quasi tra Ray ed Elton. Elton John è un artista che ascolto da anni e che ha scritto delle musiche incredibili nella sua carriera. So Many Questions è pienamente autobiografica e riguarda il mio percorso fisico e mentale verso una nuova nazione, una nuova dimensione e verso il trovare sé stessi. E’, alla fine, un po' il viaggio di tutti verso la propria dimensione, smettendo di scappare dal nostro nemico più grande: noi stessi;
MB: nel disco ti troviamo tanto al piano quanto all’Hammond: qual è il tuo strumento di elezione? Ti senti più pianista o hammondista?
LC: ho iniziato la mia carriera come pianista, ma quando ho scoperto l’organo Hammond l’amore è stato fulminante. Sono un artista Hammond Organ USA e sono molto fiero di essere un endorser della compagnia, che stimo. Considero l'Hammond il mio strumento di elezione da anni. Nell’ultimo anno ho, però, “riscoperto” il piano e faccio molti concerti anche solo piano e voce. E' una dimensione diversa, questa, più intima e libera;
MB: devo dire che, nei brani dove è presente il pianoforte, sebbene non abbiano necessariamente una connotazione stilistica tale, avverto spesso una forte influenza neworleansiana nel vocabolario pianistico..…
LC: New Orleans è, insieme a Chicago, la mia città preferita negli Stati Uniti per quanto riguarda la musica. Fin dal 2013, mi sono recato regolarmente a New Orleans per capire i suoi ritmi, la sua musica, il suo linguaggio. New Orleans è magica: il suo cibo unico, i suoi abitanti tra i più creativi. Ho molti amici a New Orleans, tra cui Jon Cleary, Jon Papa Gros e i ragazzi di Honey Island Swamp Band, con i quali ho suonato in diverse occasioni. Saremo, con Toronzo Cannon, a New Orleans il prossimo aprile a suonare al celebre New Orleans Jazz And Heritage Festival;
MB: vuoi parlarci anche dei musicisti che ti accompagnano in questo tuo esordio discografico?
LC: Rick King, alla batteria, è un carissimo amico e musicista con cui ho suonato con molte band, uno dei primi batteristi con cui ho collaborato a Chicago. E' stato batterista della regina del blues, Koko Taylor, per molti anni. Alla chitarra il talentuoso Aaron Weistrop, chitarrista con cui ho suonato con Claudette Miller al Kingston Mines di Chicago, per molto tempo.
Infine, al basso, Dave Forte con cui ho girato il mondo per anni, insieme a Toronzo Cannon; e sono felice di averlo, ora, nella mia band. Dave è anche un noto grafico e, in questa veste, ha curato la grafica di Figure It Out;
MB: a questo punto, direi che, dopo l’assaggio di 'Figure It Out', i tempi sarebbero maturi per un tuo disco completo…..
LC: esatto! Da maggio prossimo, sarò in studio per iniziare a registrare il mio album completo, la cui uscita è prevista per il 2020. Nel disco ci sarà ancora tanta musica influenzata da Chicago, New Orleans, soul e funk. I brani saranno totalmente originali. Restate in ascolto per il mio nuovo lavoro a inizio 2020!
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