Nel corso degli anni, il blues italiano ci ha occasionalmente offerto qualche più o meno riuscito “esperimento”. Tra tutti, e a puro titolo di esempio, mi piace ricordare il blues cantato in italiano, prima con Fabio Treves, poi con Rudy Rotta, giusto per citarne un paio, e senza entrare nel merito. Col suo ultimo Ergo Sum, disco ben lontano dal poter essere trattato alla stregua di un semplice esperimento, Mike Sponza si spinge anche oltre, partendo – sorpresa...sorpresa! - addirittura dai classici latini, come già il titolo manifestamente dichiara. Per quale motivo scomodare si tanta cultura e tradizione consolidate, ce lo spiega direttamente Sponza nelle note di copertina, con una formula precisa e azzeccata: human passions have no age! Davvero valori, principi, paure e sentimenti non hanno barriere spazio-temporali tanto da scoprire che c’è un sottile filo conduttore che unisce le liriche riflessioni e gli argomenti presenti in Catullo, Orazio, Marziale con quelli che ritroviamo nei blues di Muddy Water, Willie Dixon o Lightnin’ Hopkins? La risposta che qui dà Sponza è un sonoro sì! Cambiano lingua, metrica e forma, ma ciò che è universale, resta. Non sono certo aspetti secondari, questi tre, tanto da aver innegabilmente imposto un intenso e anche faticoso lavoro di cesello sui testi, nonché la scelta del giusto mood per ogni singolo brano; ma la sfida è stata pienamente raccolta è altrettanto pienamente vinta.
L’ascolto di questo disco, infatti, restituisce un immediato, raro senso di riuscita completezza. Tutto, qui, fila liscio come l’olio: testi, arrangiamenti, interpretazione, suono. Dall’accurata scelta e riscrittura dei primi, opera di Sponza stesso, all’attenzione meticolosa prestata ai secondi. Dall’interpretazione, talvolta affidata a due artisti inglesi, poco noti ma di assoluto spessore, come Ian Siegal e Dana Gillespie, al suono finale delle registrazioni, effettuate a Londra nei leggendari Abbey Road Studios, gli stessi di Beatles, Pink Floyd, Deep Purple, Police e di molti altri ancora. In questo Ergo Sum, non solo le passioni umane rivivono, ma davvero anche tutta la grazia, l’arguzia e la concreta filosofia dei bluesmen. Così, dalla lenta Penelope allo splendido funky di See How The Man, al più tradizionale shuffle di Poor Boy fino all’invitante Kiss Me, Sponza condivide le parti cantate con la voce ghiaiosa di Ian Siegal che impreziosisce alcuni brani anche con parsimoniosi, ma incisivi interventi di slide guitar. A narrarci, poi, della sottile linea che separa odio e amore, agonia ed estasi – Catullo docet – è la maestosa Dana Gillespie che, sconfinando trionfante verso più soffuse, raffinate atmosfere jazzistiche e su un flessuoso tappeto di fiati, illumina The Thin Line, l’unico brano a lei affidato, forse anche il più affascinante del disco, con un’interpretazione dall’insinuante, seducente sensualità. Ancora da Catullo e con un occhio rivolto a Memphis e l’altro alla Stax, conclude l’opera la ballata soul Prisoner Of Jelousy.
Ad ascolto concluso, ci è chiaro che Sponza ha visto giusto e che Ergo Sum va annoverato tra i migliori e più singolari dischi tra quelli concepiti da chi vede il blues osservandolo da questa parte dell’oceano. G.R.