WILL PORTER feat. DR. JOHN
"Tick tock tick"
Gramofono Sound Rec. (Usa) - 2016
Tick tock tick (I thought the change would do you good)/Why do we get blue?/When the battle is over/Make you feel my love/I'm blue (shoo be doo)/This California sun/I can do bad by myself/Don't go to strangers/Treadin' water/Tear it up/Everything's gonna be alright
La storia di questo disco è la storia di una trinità. In principio fu Wardell Quezergue, compositore, arrangiatore e produttore. Masterchef dell’impiattamento contrappuntistico, padrone di un alfabeto melodico-timbrico quasi visionario, meglio conosciuto come il Beethoven creolo, fu interprete di una lunga stagione artistica che, a partire dagli anni ‘60 lo vide protagonista in più vesti con Fats Domino, Earl King, Clarence Brown, Stevie Wonder, Neville Brothers e innumerevoli altri artisti soul e R&B.
Venne, poi, Dr. John che, ben prima di diventare il principale erede della tradizione pianistica di New Orleans così come oggi è conosciuto e riconosciuto figurò, ancora teenager, nella band di Quezergue, proprio in qualità di pianista.
Da ultimo, venne Will Porter. Proveniente dalla Bay-Area, dopo aver legato per decenni il suo nome ad artisti come Billy Preston e Mary Wells, qualche anno fa, decise di scommettere sulle sue doti solistiche e, con una manciata di musicisti stellari, alcuni dei quali ritroviamo anche qui, volò proprio a New Orleans per registrare Happy, il suo primo lavoro solista. A produrre quel disco, fu proprio Quezergue.
Fatta l’utile premessa, veniamo all’oggi. Le registrazioni che compongono quest’opera risalgono al 2011, anno in cui Quezergue scomparve, e fanno parte di un ultimo, imponente progetto che, proprio nelle intenzioni di Quezergue, suo ideatore, avrebbero avuto la finalità di gettare una luce nuova sulla personalità artistica di Dr. John, lasciando, finalmente, emergere le sue meno esplorate doti di sagace autore, piuttosto che quelle, già ben note, di performer. Quezergue avrebbe desiderato che, a interpretare quelle canzoni, fosse proprio Will Porter. Di tutto quel progetto embrionale, solo una minima parte dei brani vide la luce: l’omonimo, inedito Tick Tock Tick e When The Battle Is Over, qui presenti. In entrambi i brani (il secondo, di ben netta atmosfera neworleansiana) la lieve, flessuosa legnosità dello strumento vocale di Porter ben contrasta con i riflessi nasali, gigioneschi del controcanto di Dr. John, qui ospite. La natura confidenziale, il crooning della voce emergono, invece, nelle ballads: la deliziosa Why Do We Get Blue? dove le risonanze profonde e i riflessi pastosamente ramati rivelano tracce di Terry Callier e Lou Rawls, la romantica This California Sun o la celeberrima Don’t Go To Strangers. In quest’ultima, se contrapposta al resto del programma, l’interpretazione di Porter pare perdere un po’ in resa, lucidità e nitore tanto che, la sua versione, risulta meno riuscita se paragonata a quelle 'definitive' di questo brano rese prima da Etta Jones e successivamente, per esempio, da Johnny Adams. C’è spazio, poi, per il lento blues minore I Can Do Bad By Myself sottolineato, con drammatica eloquenza, dalla chitarra di Leo Nocentelli, per il giocoso I’m Blue (Shoo Be Do) di Ike Turner, per il funk di Tear It Up come per il conclusivo gospel di Everything’s Gonna Be Alright. L’asso viene calato, però, con la magistrale, improbabile lettura di Make You Feel My Love, estratta dal ricco songbook dylaniano e interpretata da Porter con l’intenso, aspro contributo di Bettye Lavette. Solo il talento di Quezergue avrebbe potuto arricchire questo spartito con gli archi della Louisiana Philarmonic Strings e un oboe senza suonare trito o stucchevole.
Fanno parte della partita, Jimmy Haslip, bassista degli Yellowjackets, i fiati dei Tower Of Power e il duo vocale The Womack Brothers un tempo noti, per iniziativa di Sam Cooke, come The Valentinos, che riconducono alcune tracce sulle vie della chiesa e ricordano gli impasti vocali di altri “brothers”, The Holmes Brothers.
Tick Tock Tick rappresenta, in forma ibrida, il trionfo postumo di Quezergue quale straordinario arrangiatore e la consacrazione di un singolare cantante il cui rotondo, risonante baritono media qui, da una ricca, variegata tavolozza cromatica, tutte le cangianti declinazioni del suo canto. G.R.