Love is an army - Macallè Blues

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Love is an army

Recensioni

Il disco raccontato da...

Janiva Magness

JANIVA MAGNESS

"Love is an army"

Blue Elan Rec. (USA) - 2018

Back to blue/Hammer (feat. Charlie Musselwhite)/On and on/Tell me/Love is an army (feat. Bryan Stephens)/Down below (feat. Courtney Hartman)/What's that say about you/What I could do (feat. Delbert McClinton)/Home (feat. Cedric Burnside)/Love to a gunfight/When it rains/Some kind of love

A davvero breve distanza dall'uscita del suo precedente EP Blue Again, Janiva Magness è tornata in studio per produrre il suo nuovo disco completo.
Love Is An Army, ancora una volta prodotto da Dave Darling, riprende, sviluppandole, le atmosfere e le tematiche già in parte presenti nel precedente Love Wins Again, aggiungendo però all'offerta, una serie di rimarchevoli duetti.
In questo disco che, per certi aspetti, potrebbe essere considerato il suo disco più maturo e personale, Janiva si mette di nuovo in gioco come autrice dimostrando, seppur ancora con una certa timidezza, le proprie rimarchevoli doti di scrittrice.  
Quella che segue, è la chiacchierata fatta con lei in merito a Love Is An Army....

Macallé Blues: Janiva...ci eravamo lasciati non molto tempo fa dopo il tuo duetto nell’ultimo disco di Jack Tempchin e l’uscita del tuo EP 'Blue Again'. Dunque le attese, soprattutto dopo quest’ultima uscita, erano per un tuo definitivo ritorno alle origini con un nuovo album, diciamo così, 'blues oriented'. Invece, con questo ultimo disco, ti vediamo tornare allo stile del tuo precedente cd 'Love Wins Again' tanto che 'Love Is An Army' sembra essere la sua seconda pagina, per così dire….
Janiva Magness: sì, messa giù così, mi sembra una buona descrizione; però, più che la seconda pagina, il secondo capitolo direi. E questa volta, senza i guantoni da box (ndr: il riferimento è alla copertina di Love Wins Again)!
MB: l’obiettivo, qui, torna a focalizzarsi su di te anche come autrice, sul tuo, ormai maturo, songwriting e, più in generale, sui testi delle canzoni. Sebbene non tutti i brani di questo disco siano stati composti da te (ne hai scritti un terzo, per la precisione), si avverte una chiara omogeneità di scrittura nell’intero lavoro, proprio come se tu e gli altri autori coinvolti foste tutti sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda. Mi riferisco specialmente ai testi scritti da Lauren Bliss, un’autrice con la quale hai già lavorato nei tuoi dischi passati. Ma potrei dire la stessa cosa per ognuno degli altri autori presenti perché le tue canzoni, come le sue o come quelle scritte dagli altri, sembra quasi provenire dalla stessa penna…
JM: credo che quello che si può ascoltare in Love Is An Army sia la felice combinazione di un legame comune e una convergenza tra autori e artista interprete che si sommano a quello che è uno stesso obiettivo. Quello, cioè, di incoraggiare e ispirare gli altri ad alzarsi e dire la propria. Essere di utilità e mutuo servizio per risollevarsi dalle avversità e reagire ai propri conflitti e ai propri oscuri momenti di difficoltà che sembrano tanto pervadere l'umanità oggigiorno.
MB: c’è, infatti, un’atmosfera di fratellanza e spiritualità che ricorda qualcosa dell’era degli Staple Singers...
JM: grazie! Sia io che il mio produttore Dave Darling pensiamo che, nel mondo, stia succedendo di nuovo qualcosa di analogo a ciò che accadde nel 1968 e che sia necessario che se ne parli.
MB: in questo disco ci sono anche pregevoli duetti. Il primo che incontriamo durante l’ascolto è quello con il leggendario armonicista Charlie Musselwhite che aggiunge la sua inconfondibile armonica, suonata in acustico, nel funkeggiante Hammer...
JM: sì, sono molto grata ai miei ospiti e, ovviamente, è stato un grande onore poter contare sulla compagnia e il contributo di Charlie Musslewhite, Cedric Burnside, Rusty Young, Bryan Stephens e Courtney Hartman. E’ stato davvero un incrocio di artisti che, dal punto di vista creativo, hanno dato vita a un meraviglioso mix.
MB: metà del disco è pervasa da influenze country e tutto ciò è dimostrato da altri duetti come quello con Rusty Young, ex leader dei Poco, che suona la pedal steel in 'On And On', o quello col chitarrista e banjioista bluegrass Courtney Hartman in 'Down Below'...  
JM: tanto Rusty quanto Courtney sono assai conosciuti nella scena Americana. E’ una cosa interessante, per me, mescolare i generi considerato che sono vecchia quanto basta per beneficiare di un po’ di esperienza in merito alla definizione ufficiale e all’attribuzione degli stessi. Anni fa, il blues era considerato alla stregua della folk music. Oggi, invece, blues e folk non sono considerati come generi assimilabili e sovrapponibili quasi fossero la stessa cosa.
Io sono interessata a scrivere e suonare buona musica; e questo è già molto per me. Come il business musicale decida, poi, di chiamare la mia musica, a un certo punto, è cosa irrilevante per me. Ciò che davvero mi interessa, è che la gente riesca a relazionarsi e a entrare in contatto con ciò che scrivo e canto.
Oggigiorno, molto di ciò che viene etichettato come Americana è proprio ciò che, un tempo e da alcuni ancora oggi, viene considerato folk o country. Questo tipo di influenze stilistiche si trovano, certo, in questo disco così come il soul, il blues e altro di quanto potrebbe confluire nel più generico termine ‘Americana’ che, di per sé, è un termine inclusivo piuttosto che esclusivo.
MB: ancora in merito ai duetti, un altro significativo è quello con Delbert McClinton: 'What Could I Do' sembra proprio la tipica, lenta ballata soul alla McClinton tanto che ricorda molto un’altra ben nota canzone del tuo repertorio, 'You Were Never Mine', non a caso scritta proprio da Delbert stesso. Com’è nato questo duetto?
JM: questa canzone è stata scritta da Paul Thorn. Quando ho chiesto a Paul una canzone, lui mi ha inviato questa. E’ una deliziosa, desolata ballad. Sono davvero felice che Delbert abbia accettato di cantarla con me. E’ stato davvero un immenso onore.
MB: quindi Delbert ti è venuto in mente dopo aver ascoltato questa canzone? Considerato lo stile della stessa, hai pensato che fosse lui il partner giusto col quale interpretarla?
JM: sì, esattamente.
MB: ora passiamo a quello che, secondo me, è uno dei gioielli di questo cd: 'Home'. Questo pezzo ha un qualcosa di spirituale, quasi un gospel e, ospite qui è Cedric Burnside, nipote di R.L., alla chitarra (una chitarra suonata in maniera percussiva come fosse uno strumento africano, una kora) il quale, con i suoi interventi aggiunge un senso primitivo e di urgenza al brano…
JM: proprio così! Di tutte quelle presenti sul disco, questa è la più intensa tra le canzoni di protesta. Cruda, forte, schietta. Sono molto grata per aver avuto Cedric con me a interpretare questa canzone. E’ stato perfetto: la morte sua!
MB: in tutto il cd ci sono molte parti corali e armonie vocali che danno al disco un senso di universalità. Tento di spiegarmi meglio, sperando di essere sufficientemente chiaro. Da una parte c’è il cantante che, quasi fosse un predicatore, canta dal pulpito e partendo da una prospettiva personale, sebbene canti di cose facilmente condivisibili. Dall’altra, c’è l’assemblea che ascolta, condivide e risponde quasi fosse un’unica grande voce. Sembra proprio qualcosa – premettimi di dire – di confessionale, “churchy”. C’è un diffuso odore di gospel, come se ogni canzone e, quindi, l’intero album alla fine, fossero una corale preghiera. Ecco, questa potrebbe essere proprio la parola chiave: corale preghiera.
Penso, per esempio, specialmente a 'Home', ma anche a 'Tell Me', 'Down Below', 'What’s That Say About You' e potrei citare praticamente tutti i brani presenti qui…
JM: corale preghiera: adoro questa definizione! Non c’è dubbio che ci sia una forte influenza gospel così come soul, folk sull’onda degli Staples Singers. Io ho trascorso molti dei miei primi giorni da esordiente come cantante nei cori gospel quindi che questa sia un’influenza che si avverte non è una sorpresa per me, ma soltanto l’aspetto davvero naturale di un processo di apertura ai generi. Mi fa piacere tu te ne sia accorto. E’ stata assolutamente la cosa più giusta per questo disco!
MB: quindi, il cd termina con due lenti pezzi soul: l’assorta ninna nanna 'When It Rains' e la passionale 'Some Kind Of Love'...  
JM: sì, era la conclusione più ovvia e naturale per questo disco; sia per me che per Dave Darling.
MB: stilisticamente parlando, 'Love Is An Army' potrebbe suonare come il disco più impegnativo per i tuoi fans di lunga data, ma credo anche che sia l’evoluzione naturale della tua storia artistica...
JM: so che può essere un ascolto impegnativo, ma la mia speranza è che i miei fans accettino la sfida e intraprendano, insieme a me, questo viaggio. Se dovessero abbandonarmi, ne sarei dispiaciuta, ma continuerei per questa via. Molto spesso, oggi, mi capita di pensare a quando ero giovane e i generi erano assai meno importanti rispetto alle canzoni e alla musica. Questo era ciò che davvero importava: la musica, le canzoni. Non l’etichetta che qualcuno ci poteva appiccicare sopra.
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