Altra voce penalizzata, nella fattispecie non tanto dai mezzi quanto da un’improvvisa laringite, quella di Jerry Jones, cantante di estrazione gospel che vanta collaborazioni prestigiose (Ike & Tina Turner e Kool & the Gang), al quale vengono affidati, in verità, pochi brani. Con Jerry Jones, però, apparirà, per la prima volta nel corso della serata, Theo Huff, giovane virgulto, vivace e verace cantante di Chicago, discendente in linea pressoché diretta dalla genia dei vari Johnnie Taylor e Tyrone Davies, al quale verranno affidati alcuni duetti, primo dei quali questo con Jones appunto. Seguirà proprio Frank Bey, il co-leader della Paule Bey Orchestra come detto. Cantante magmatico, intratterrà il pubblico con la prima estesa e attesa esibizione. Convincente e coinvolgente, sorprende anche con un’inaspettata, penetrante versione di Where You Been So Long, brano del compianto Mighty Sam McClain. Seguono, nell’ordine, John Ellison, Toni Green e il leggendario Bobby Rush. John Ellison, negli anni ’60 chitarrista e compositore dei Soul Brother Six, è l’autore di quell’ever green intitolato Some Kind Of Wonderful, interpretato da diverse generazioni di artisti soul e rock. In questa sua esibizione ha dimostrato di avere ancora, oltre a un timbro vocale personale, vitalità ed entusiasmo da vendere. Siamo nettamente in crescendo e, dopo Ellison è il turno di Toni Green, cantante ormai di casa a Porretta. Contralto passionale e potente, di chiara ispirazione memphisiana, coinvolge il pubblico con le sue interpretazioni ruggenti che toccano il culmine col ritorno in scena di Theo Huff per alcuni ulteriori duetti tra i quali spicca, per intensità e resa indubbie, If Loving You Is Wrong: di tutte le versioni conosciute, la migliore! Gareggia, per intensità, forse solo con quella di Millie Jackson.
Ma è venuto il tempo della star della serata. Presentato in pompa magna, arriva sul palco, con l’energia di un ragazzino, l’ottantenne Bobby Rush. Accompagnato, questa volta, da una sola delle sue abituali, carnose girls da combattimento, Ms. Low, si fa interprete del suo ruspante, arguto, sarcastico storytelling, mischiando sapientemente e in modo assai personale blues, soul, funk, rap, New Orleans e Mississippi. Questo su disco perchè sul palco di Porretta, al netto del brano di apertura e di qualche altra successiva concessione (That Thang, per esempio), darà una lezione di blues e schietto harp playing, suo antico amore. Interpreta Too Many Drivers, She's So Fine, fino a She's Nineteen Years Old dal songbook di Muddy Waters con teatrale, istrionica intensità. La stessa umoristica teatralità con la quale, in seguito, scimiotterà per celia, Michael Jackson ed Elvis Presley. Con lui, ritorna sul palco Vastie Jackson, chitarrista nell’ultimo disco di Rush, Porcupine Meat, che il giorno dopo verrà presentato ufficialmente alla stampa, in compagnia del produttore Scott Billington. G.R.