Sidemen
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SIDEMEN - LONG ROAD TO GLORY
un film di Scott Rosenbaum
Red Hawk Films & Red Thread Productions - 2018
Un sideman è un gregario. Alla lettera, una figura “marginale”; non, ovviamente, in termini qualitativi, quanto nel senso della propria collocazione spaziale; marginale ma che, nel suo stare ai margini, spesso, sostiene in modo riservato, ma irrinunciabile, la centralità della scena. Come a dire, “without sidemen, no music!”.
Un tempo, erano Muddy Waters e Howling Wolf a contendersi questa centralità, sui palchi di Chicago: due storiche band, due giganti del blues elettrico del dopoguerra che, di sera in sera, si sfidavano, per così dire, a colpi di “slide” e “ululati”, contendendosi un ideale primato che non avrebbe potuto basarsi su altro se non sulla risposta del pubblico, sul proprio personale stile e sul suono. A caratterizzare quest’ultimi, seppur pudicamente un po’ scostati dall’immediato centro, i tre musicisti cui questo meritorio film è dedicato. Meritorio, ma tardivo nel suo essere l’unico strumento rimasto a ristabilire gli esatti equilibri della giustizia e riallineare quei due piatti della bilancia che, per le iniquità del mercato discografico e della cattiva memoria, risultano spesso refrattari alla regola dei giusti pesi.
La verità che ristabilisce questo film è - ed era già – nota, nonostante tutto fosse passato sotto traccia. Pinetop Perkins, Willie “Big Eye” Smith e Hubert Sumlin, per il tempo - invero lungo - durante il quale hanno militato rispettivamente nella band di Muddy Waters i primi due, e in quella di Howling Wolf il terzo, sebbene fagocitati dall’ipertrofico gigantismo dei rispettivi solisti, hanno rappresentato quel tessuto profondo, sotto carne, fatto di cartilagini e ossa, senza il quale, l’intera struttura dell’organismo, non si sarebbe mai retta, fiera, sulle proprie gambe maschie e muscolose. Grazie a filmati d’epoca, deliziose ricostruzioni animate, frammenti di affascinanti interviste ai tre protagonisti principali e sintesi di contributi strappati di bocca a Bonnie Raitt, Joe Bonamassa, Shemekia Copeland, Gregg Allman, Robben Ford, Warren Haynes e altri ancora, Sidemen traccia le vite dei tre protagonisti partendo dai primi anni della grande migrazione degli afro-americani, dalle lande sudiste del Mississippi, verso altri luoghi del sud rurale fino a un altrove, questa volta settentrionale e urbano, più ricco di opportunità e, forse anche, più povero di razzismo. Certamente, un luogo dove il blues non poteva essere altro che la musica dei sopravvissuti. Pinetop, Hubert e Willie, quel viaggio migratorio l’hanno intrapreso e, già ad esso sopravvissuti, per seguitare a sopravvivere, hanno suonato il blues tutta la vita. Ma gli è occorso un tempo un po’ più lungo della vita stessa, per conquistare un giusto riconoscimento o il semplice, doveroso tributo. Col senso ironico del paradosso, Sidemen non tace neppure il fatto che, fu proprio grazie ai Rolling Stones (che, di Howling Wolf, registrarono Little Red Rooster) e ad altri musicisti inglesi degli anni ‘60 che l’America scoprì, di colpo, di aver coltivato in casa, e a propria diffusa insaputa, i talenti di Wolf, Waters e dei relativi gregari.
Purtroppo questo documentario, così ricco di interessanti aneddoti, arriva tardi. La sua lunga gestazione, cominciata nel 2010, anche per motivi economici, si è conclusa solo lo scorso anno. Oltre che l’amaro destino del non aver goduto, in vita, dell’onore di essere inseriti, come avrebbero meritato, nella Rock’n’Roll Hall Of Fame, Pinetop Perkins, Willie “Big Eye” Smith e Hubert Sumlin, ne hanno condiviso un altro: quello di morire, quasi contemporaneamente, nel medesimo anno (il 2011), senza fare in tempo neppure per assistere alla pubblicazione di questo film a loro dedicato. Ad averlo girato, però e fortunatamente per noi, sì! G.R.