2023
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Shortcuts: i cd in breve...2023
Shortcuts: i cd in breve...: in questa sezione del sito, troverete le recensioni delle novità discografiche, ma in versione compressa!
REVEREND FREAKCHILD
"Songs of beauty for ashes of realization"
All I got is now/Dial it in/All across America/Hippy bluesman blues/Amsterdam blues/Tears of fire/Skyflower (watermoon)/Don't miss nothing 'till it's gone/Keep on truckin'
Non
so quanti seguaci possa annoverare nella sua “chiesa” il
reverendo Freakchild, considerata la spiccata attitudine verso una
sperimentazione musicale indubbiamente eterodossa sebbene radicata
nel verbo primigenio del blues; ma pochi o tanti che siano, tutti
potranno nuovamente contare qui sulle sue insolite benedizioni.
Creatura
bifronte, per metà cantautore e per l’altra metà filosofo,
racchiude in un unico rimarchevole cranio le migliori doti
ascrivibili a queste due nature: abilità linguistiche, capacità
d’astrazione e, non da ultimo, una distaccata, talvolta corrosiva
ironia. Nature - le sue - che, solitamente si esprimono in solitaria
attraverso strumenti a corda (chitarre, dobro, ukulele), ma che in
questo diciassettesimo disco usufruiscono ampiamente del supporto di
valenti musicisti. Songs
Of Beauty For Ashes Of Realization
non è, di fatto un nuovo disco, ma la riproposizione di vecchi
brani, in una veste nuova e corale che, considerato il groove
complessivo, non mancherà di attirare nuovi e, credo, sempre
più convinti adepti. G.R.
DEB CALLAHAN
"Backbone"
What I'm working with/Crazy ride/Big girl pants/Rogue/A few new tricks/Danger zone/Still fighting to be free/Don't tread on me/Cleaning house/Thought you were my girl/Just what the doctor ordered/Anytime you want
Deb
Callahan da Philadelphia combina armoniosamente i propri attributi da
capace songwriter,
con l’attitudine per quella roots
music
americana di cui blues e soul sono spesso parti integranti, e quella
sua voce genuina, dalla persuasiva solidità di laminato ligneo. Gli
arrangiamenti e la produzione, affidati al chitarrista Chris Arms,
suonano estremamente moderni ed efficaci e, in questo luccicante
contesto, lo strumento della cantante trova la propria comfort
zone
soprattutto laddove l’ambiente assume evidenti sembianze funk
(l’iniziale What
I’m Working With
o, ancora, Don’t
Tread On Me).
Tra il quasi totale materiale inedito, Callahan si misura anche con
due personali riletture: quel Danger
Zone
che fu, in origine, frutto lirico del Percy Mayfield poeta e della
sua orchestra (qui, le parti del sax vengono rimpiazzate dalla
chitarra di Allen James) ed Anytime
You Want,
tributo al bravissimo Sean Costello, suo illustre e troppo presto
scomparso concittadino. G.R.
LEX GREY & THE URBAN PIONEERS
"How many roads?"
In it together/How many roads?/Ain't from Mississippi/Old crookedy broom/Begin again/I believe in you/Aches and pains/You confine me/Biker down/After a lifetime/Angel
Celebrati per la loro abile miscela di rock revival, prosa poetica e burlesque, Lex Gray & The Urban Pioneers intrecciano una generosa messe di generi legata con un doppio filo che, almeno per metà, si colora di blues. La band, all'ottava prova discografica, si erge salda sulla figura di Lex Gray, cantante e chitarrista la cui voce dinamica, plastica dal luminoso volume, in apertura di disco si fa dannatamente soulful. Insieme a lei, è il produttore/chitarrista/ingegnere del suono Vic “Mix” Deyglio (Guns'n'Roses, Lena Horne, Spin Doctors) che sa come conferire al disco quel suono scarno e terroso - "urbano", appunto! - perfetto per la narrazione di storie non scontate, per una raccolta di materiale emotivamente ricco e assai diversificato. In mano a loro e alla contenuta combriccola di compari musici, How Many Roads si fa viaggio musicale affascinante; un'avventura di ascolto intrigante e mai banale. G.R.
LADY ADRENA
"Recipe for the blues"
Blues choose me/Borrow my pans/Traveling woman/Good girl gone bad/No ring, no thang/Recipe for the blues
Recipe
For The Blues
mantiene ciò che la propria copertina lascia intuire per non dir
promette: la rapida (si tratta di un EP!) e sapida carrellata di un
sincero, pugnace downhome
blues
in pieno stile Malaco/Ichiban. Suoni secchi, dalla precisione
geometrica e hi-tech,
che disegnano il netto perimetro all’interno del quale trova
naturale dimora la sagacia ruspante e tipicamente sudista di
Traveling
Woman
col suo andamento fieramente funk
e di No
Ring, No Thang
soprattutto. Prodotto in parte da due luminari mississippiani come
Mr. Sipp e Dexter Allen, molto di quanto si ascolta ricorda le
lezioni magistrali di ZZ Hill, Denise La Salle e Little Milton; fino
a giungere all’ammiccante epilogo del brano omonimo, classica
rievocazione di un blues allusivo dal chiaro doppio senso erotico,
come accade spesso, giocato sul crinale della naturale metafora
culinaria. G.R.
SCOTT ELLISON
"Zero-2-sixty"
She needs a whole lotta lovin'/That's how I love my woman/Zero-2-sixty/I wouldn't treat a dog/You can't blame a guy for tryin'/Before the teardrops fell/Hard headed women/Dig a little deeper/Jenni Kat/Ache in my heart/Soul harbor/You can't hurt me no mo'
Sebbene
meno avventuroso che nel precedente Skyline
Drive, frutto
maturo dell’anno
2020, ci sono episodi qui in cui Scott Ellison sa ancora farsi audace
- con
Zero-2-Sixty,
per esempio, o
il sinuoso funk Soul
Harbor
-
sebbene l’atmosfera dominante di questo suo nuovo disco
sia evidentemente quella di un marcato ritorno a una
tradizione fatta
di ben noti cliché,
come lasciano apertamente intendere molti dei
titoli
presenti.
Il percorso dell’opera,
fatto
di undici inediti, con
I
Wouldn’t Treat A Dog
quale unica cover,
tradisce un’estetica rigorosamente blues smarrita
tra l’asfalto
di Chicago,
certe polverose highways
texane
- con
That’s
How I Love My Woman,
per esempio, nulla di più facile che il pensiero corra veloce a
Freddie King! - o rapide puntate verso l’ovest californiano (Ache
In My Heart). G.R.
PAUL FILIPOWICZ
"Pier 43"
Old time superstition/Angel face/Pier 43/When I get to town/Spit shine/Hip shake/Poor man's throne/Humdinger/Cut you loose - Texas out/Ain't no use/Use my imagination
Disco animato da quello spirito tribale che ormai raramente si riesce a incontrare di questi tempi, Pier 43 vive di una sua risoluta, inflessibile aderenza a una ben chiara tradizione elettrica. La voce - un ringhio crudo e ululante - lontana dall’accarezzare rassicurante i timpani non si può dire sia proprio il suo forte ma Paul Filipowicz, veterano chitarrista, riesce qui a catturare e riproporre all’ascolto tanto quell’energia primordiale, quell’elementare intensità di suono, anarchica e selvaggia, che fu patrimonio distintivo e caratterizzante del vecchio Hound Dog Taylor quanto gli abili virtuosismi urbani di Magic Sam o Jimmy Dawkins.
Per metà eretto su brani inediti (tra i quali l'inusuale strumentale omonimo), questo lavoro poggia anche su alcune riproposizioni: oltre alle due tracce bonus (Ain’t No Use e Use My Imagination), ripescate da registrazioni live del 1979, spicca la rilettura di Cut You Loose rivitalizzata da un insolito taglio texano sul finale. G.R.
MATT ANDERSEN
"The big bottle of joy"
Let it slide/So low, solo/Golden/How far will you go/Aurora/Miss missing you/What's on my mind/Keep holding on/Rollin' down the road/Only an island/Hands of time/Shoes
Questo soul-blues singer di razza è un corpulento ed esuberante ragazzone canadese. La sua abbondante fisicità, a dispetto dei suoi trascorsi anche acustici, richiama il sostegno di una grande band. Ed è proprio ciò che troviamo al suo fianco in questa ultima uscita: una formazione di otto elementi, The Big Bottle Of Joy appunto, esplicitamente omaggiata fin dal titolo dell’opera. Anche laddove, grazie alla presenza di un coro vocale e un organo smaccatamente churchy, le celebrative atmosfere del disco paiono abbandonarsi libere al richiamo del gospel, Andersen mantiene pur sempre una propria natura fieramente cantautorale; ondivaga tra sfumature soul, country e southern rock. E anche quando il mood tramuta in modalità “ballata” come in Golden od Only An Island, l’emozione insita nel suo approccio vocale riesce a far apparire freschi e avvincenti anche i più triti cliché. G.R.