Billy Price - Alive and Strange
Recensioni
Il disco raccontato da...
Billy Price
BILLY PRICE
"Alive and strange"
Vizztone Rec. (Usa) - 2017
It ain't a juke joint without the blues/Lifestyles of the poor and unknown/Something strange/This time I'm gone for good/One more day/Nothing stays the same forever/Never get enough/What have I done wrong/Lickin' stick/R.M. blues/Makin' plans (Electric Tommy Mix)
Attivo a Pittsburgh fin dagli anni '70, Billy Price è stato, nello spazio di tre anni (e due dischi), il cantante della band del leggendario chitarrista Roy Buchanan. Fino al 1977, anno in cui fonda la sua Keystone Rhythm Band per poi dedicarsi, a partire dal 1990, alla carriera solista. Con quindici album all'attivo e alcune importanti collaborazioni (in Europa, col chitarrista francese Fred Chapellier e, in America, con il leggendario e indimenticabile cantante soul Otis Clay), Billy Price è oggi universalmente riconosciuto come uno dei cantanti soul-R&B più rappresentativi. In occasione dell'uscita del suo ultimo disco Alive And Strange, registrato dal vivo al Club Cafè di Pittsburgh PA, Macallè Blues l’ha incontrato per parlare proprio di questo lavoro...
Macallè Blues: Partiamo dalla prima cosa che appare in tutta la sua netta evidenza e che sorprende già al primo ascolto di 'Alive and Strange'. Sebbene questo sia un album dal vivo, tutto qui sembra essere messo al posto giusto, al momento giusto: gli arrangiamenti, le parti strumentali, la sezione fiati, i cori, il suono complessivo e, ovviamente, la tua presenza vocale. Suona tutto così perfetto da sembrar attentamente pianificato. Pare quasi un disco di studio più che un live…
Billy Price: Sarebbe stato un po’ rischioso registrare il disco dal vivo al Club Café con un’unica data programmata. Così, prima della serata, abbiamo provato un bel po’ con l’intera band e i coristi. Inoltre, lì, abbiamo avuto quasi il medesimo pubblico già presente ad altri concerti tenuti altrove, alcuni giorni prima della serata durante la quale abbiamo realizzato queste registrazioni. Dunque, una volta giunti il tempo dello show e quello di registrare, eravamo belli pronti. Oltretutto, con una sola data disponibile per la registrazione, non ci sarebbe stato molto che avrei potuto fare per la mia voce se fossi stato raffreddato o avessi avuto mal di gola o altro ma, fortunatamente, quella sera, ero in buona forma dal punto di vista vocale e così sono stato in grado di cantare proprio nel modo in cui avrei voluto io. Ho sempre pensato di rendere meglio di fronte a un pubblico piuttosto che in studio e forse questa è proprio la ragione per cui mi piace registrare dischi dal vivo.
MB: I dischi dal vivo, generalmente, sono raccolte di canzoni già pubblicate in precedenti dischi. In questo senso, un’altra cosa che rende 'Alive And Strange' qualcosa di diverso rispetto al tipico album live è proprio il fatto che i brani qui inclusi sono brani che non hai mai interpretato prima, almeno su disco. E questo è un altro aspetto che mi fa considerare 'Alive And Strange' come se fosse davvero un nuovo album di Billy Price, il passo successivo rispetto al precedente e tanto giustamente acclamato 'This Time For Real'…
BP: E’ esattemente ciò che volevamo che fosse. Non volevamo che questo disco fosse una raccolta di vecchi brani già incisi precedentemente. Volevamo, invece, che fosse proprio un album live interamente contenente materiale nuovo. Le uniche eccezioni sono costituite da Never Get Enough e Lickin’ Stick. La prima, era inclusa nel disco d'esordio di Billy Price and the Keystone Rhythm Band, Is It Over?; Lickin’ Stick, invece, è stato il primo singolo che abbiamo registrato con quella band, nel 1977 o 1978 mi pare. Eldorado Café era il suo lato B. Never Get Enough fu ripresa, poi, nel mio album Strong. L’abbiamo nuovamente registrata per quell’album e piano piano si è evoluta così come l’abbiamo suonata live durante questo show. Volevo proprio catturare l’evoluzione di questo brano e credo davvero che la versione che ne abbiamo dato in Alive and Strange sia molto eccitante e dinamica.
MB: Questo, se non sbaglio, è anche il tuo quarto album dal vivo. Il contesto live è il migliore per ascoltare band di blues e R&B e la Billy Price Band non fa eccezione. La tua band attuale è estremamente solida e compatta e, in questo disco, i musicisti hanno molto spazio per mettere in evidenza le loro abilità strumentali, soprattutto Eric DeFade che, al sax tenore, prende diversi, stupefacenti, assoli lungo lo svolgersi del disco, ricorrendo spesso ai sovracuti quando è il momento di sottolineare le parti più drammatiche di una canzone...
BP: Sì, devo dire di essere stato fortunato nell'aver avuto la possibilità, nel corso degli anni, di suonare con alcuni tra i migliori musicisti in circolazione ed Eric è sicuramente uno dei migliori in assoluto. Le sue parti, in qusto disco, sono sensazionali. Diversi altri assoli di sax sono, invece, di Matt Ferraro, l’altro sassofonista della band che pure è un grande musicista. Prende assoli in Juke Joint, One More Day e What Have I Done Wrong.
MB: Per i tuoi dischi, hai sempre scelto accuratamente le canzoni da interpretare, stando attento a evitare quei soliti, vecchi brani inflazionati e magari già interpretati da schiere di altri artisti. In 'Alive And Strange', musicalmente parlando, la ricetta è la tua solita: un bel mix di soul, soul-blues, R&B e un po’ di funk ma, ancora una volta, le canzoni sono tutte quante di prima scelta e accuratamente selezionate. Che criterio adotti quando si tratta di dover scegliere i brani da indidere?
BP: Quando non sono io stesso l’autore dei brani che incido e quando non collaboro con altri per scrivere pezzi nuovi, tengo sempre a portata di mano una lista di canzoni che mi piacerebbe cantare. Ed è esattamente ciò che ho fatto anche con quest’album. L’unica canzone che ho, per così dire, commissionato all’esterno è stata One More Day. Apprezzo Mike Schermer come autore, così gli ho chiesto di mandarmi qualche canzone che, secondo lui, avrei potuto pensare di registrare. Abbiamo provato un paio di queste e, alla fine, ho capito che One More Day era quella che meglio funzionava per me e la mia band.
MB: Diamo allora un’occhiata alla scaletta. Il disco inizia con 'It ain't a juke joint without the blues', brano di Carl Sims, uno di quelli che ti rimangono in testa a cominciare dalla semplice verità del titolo…
BP: Mi è sempre piaciuta quella canzone e ho, per anni, coltivato il desiderio di impararla con la mia band. Poi ho cominciato a seguire un dj su Internet che metteva spesso i dischi di Carl Sims. Poi, ascoltando un suo Greatest Hits, sono incappato nuovamente in Juke Joint. Allora, mi sono detto che era venuto proprio il momento di imparare quel brano! Così, l’ho insegnato alla band e, devo dire, che mi pare sia venuto proprio bene.
MB: Come seconda traccia troviamo una poco conosciuta canzone di William Bell, 'Lifestyles of the poor and unknown': che mi dici di questa?
BP: E’ un’altra delle canzoni che ho sentito ascoltando il programma di questa dj, tale Cassie J. Fox, di cui ti parlavo prima. Una volta, ha messo questo brano suonato dalla Total Package Band, la band che, all’epoca, accompagnava William Bell; ma, successivamente, ho scovato la versione originale di William stesso. Lui è un ottimo autore e ha avuto un buon successo anche con alcune delle sue registrazioni più recenti. Mi piace molto questa canzone.
MB: La canzone successiva è una di quelle nate grazie alla tua collaborazione col chitarrista francese Fred Chapellier, 'Something Strange': è un inedito, vero?
BP: Ho aiutato Fred a scrivere questa canzone che compare nel suo ultimo disco, It Never Comes Easy, uscito su etichetta DixieFrog nel 2016. Se ascolti la sua versione, ti accorgerai che è molto differente dalla nostra. Anche mentre lo aiutavo a scrivere questo pezzo, avevo in mente di arrangiarlo in maniera completamente diversa ed è esattamente quello che poi abbiamo fatto.
MB: A questo punto, troviamo una di quelle piccole, rare e incredibilmente (malgrado sia stata incisa da Bobby Bland, Johnny Adams e Mighty Sam McClain) poco conosciute gemme: 'This time I'm gone for good', drammatico slow blues in minore. Non credo sia un pezzo molto semplice da affrontare per un cantante…
BP: Io amo questa canzone. Ne avevo già registrato una versione con Barry Levenson, un vecchio chitarrista amico mio, per il suo album The Visit e, pressappoco nello stesso periodo, decisi di aggiungere questo brano al repertorio live della mia band. E’ un brano molto profondo.
MB: Un’altra canzone di punta è 'One More Day', moderno brano soul scritto da quel giovane, singolare artista che è Mighty Mike Schermer…
BP: Sì, come ho detto prima, Mike è un grande autore. Ha scritto questo pezzo con Earl Thomas e Earl stesso l’ha inciso in uno dei suoi ultimi album.
MB: Tra i brani restanti, che comprendono canzoni riprese dai repertori di Percy Mayfield, Magic Sam e Bobby Byrd, ce n’è una che mi ha sorpreso assai: 'R.M. Blues' di Roy Milton. Se non sbaglio, non hai mai interpretato brani R&B degli anni ‘40 o ‘50, almeno non su disco: come mai hai scelto un brano così?
BP: Ho cantato questo brano come bis durante i miei concerti per molti, molti anni. La sera della registrazione di Alive And Strange al Club Café, avevamo una prima parte di canzoni di cui si era già deciso che avrebbero fatto parte del disco. Una volta finita questa prima parte, abbiamo preso una pausa e poi ci siamo dedicati a un secondo set, più rilassato, per il pubblico presente. R.M. Blues e Lickin’ Stick facevano parte proprio di questo secondo set di canzoni sul quale non avevamo pianificato assolutamente nulla e meno che mai avevamo pensato di includerle nel disco. Ma quando ne abbiamo ascoltato la registrazione, ci sono piaciute a tal punto che abbiamo deciso di inserirle.
MB: C’è anche una bonus track, 'Makin' Plans', che è l’unico brano, presente nel disco, di cui sei l’autore…
BP: Originariamente avevo scritto questa canzone per il mio disco Free At Last, registrato con la Keystone Rhythm Band nel 1988, ma la canzone, alla fine, non è mai stata inclusa nel disco. E’ una canzone che ho sempre amato e della quale non ho mai perso memoria. Abbiamo provato a registrarla per l’album Strong ma, ancora una volta, non venne inclusa. Così, abbiamo deciso di rimixarla e aggiungerla a Alive and Strange. E devo dire che mi piace proprio come suona alla fine del disco.
MB: Un’ultima cosa: cos’è lo “strano” a cui alludi nel titolo?
BP: E’ qualcosa che fa riferimento alla canzone Something Strange. Il cane che vedi sulla copertina è vivo (alive) e strano (strange)!!!