Bryan Lee - Sanctuary
Recensioni
Il disco raccontato da...
Bryan Lee
BRYAN LEE
"Sanctuary"
Earrelevant Rec. (USA) - 2018
Fight for the light/The gift/Jesus gave me the blues/U-Haul/Sanctuary/Mr. Big/Only if you praise the Lord/Don't take this blindness for a weakness/I ain't gonna stop/The Lord's prayer/Jesus is my Lord and Savior
Caratterizzata da uno stile chitarristico particolarmente fluido, da una voce strumentale cristallina e dalla peculiare piegatura delle note, la personalità musicale di Bryan Lee, ormai, agevolmente riconoscibile, si rimette in gioco con l’uscita di questo nuovo disco. Prossimo ai settantaquattro anni, il chitarrista e cantante neorleansiano d'adozione (cieco dall’infanzia) si “converte”, a proprio modo, al gospel e realizza, con Sanctuary, quello che lui stesso ritiene essere il suo capolavoro.
Registrato in anni diversi e con due differenti gruppi di musicisti, il disco gode – e non a sproposito - di una quasi miracolosa uniformità di risultato e figura, certamente, tra i titoli migliori della sua discografia.
Del perché e del percome di Sanctuary, dunque, ne abbiamo parlato direttamente con Bryan Lee....
Macallè Blues: Bryan, il titolo di questo tuo ultimo disco evoca, sorprendentemente, qualcosa di sacro; quindi, mi pare che 'Sanctuary' possa forse essere considerata come una produzione singolare nell’ambito della tua discografia, una specie di giro di boa nella carriera. Come è nato, dunque, e cosa rappresenta effettivamente per te questo nuovo disco?
Bryan Lee: Sanctuary è nato mentre ero a Sylabard in Norvegia dove, per la prima volta, mi capitò di suonare blues in una chiesa. Mi trovavo là per il Dark Season Blues Festival. Un venerdì, Gree, l'organizzatore del festival, mi chiese di suonare, come ospite la domenica successiva, con la Adam Douglas Band in chiesa a Longyearbryen. La band mi piaceva e mi sentii onorato per questa richiesta. Siccome il concerto si sarebbe tenuto la domenica, che era anche l’ultimo giorno del festival, provammo i pezzi il sabato precedente, nel pomeriggio. Venerdì notte, andando a dormire, ebbi un sogno riguardante l’arrangiamento musicale di The Lord’s Prayer. Quando mi svegliai, sabato mattina, mi ricordavo perfettamente l’arrangiamento che avevo sognato. Così, provammo il brano e, fin da subito, tutto funzionò alla perfezione. La performance di domenica, poi, andò talmente bene che tutti, tra il pubblico, erano in lacrime. Quella, per me, fu la prova definitiva di un intervento divino.
Successivamente, arrivati a Oslo per alcuni giorni di relax, Adam mi domandò se fossi interessato a entrare in studio con lui e la sua band. Così registrammo due brani: The Lord’s Prayer e un mio inedito, Jesus Is My Lord And Savior. Tutti quanti, di comune accordo, decidemmo che avremmo dovuto proseguire fino a portare a compimento questo progetto con la registrazione di un intero disco, ma avevamo bisogno di altre nove o dieci canzoni. Tutto questo accadeva nel 2011. Purtroppo, con Adam Douglas, non avemmo poi più occasione di trovarci.
Successivamente, nella primavera del 2017, incontrai un mio vecchio amico, Steve Hamilton. Al tempo, lui era in tour con The Jimmy’s e io ebbi la fortuna di essere loro ospite per tre sere. Al termine della terza serata, Steve, Jimmy e io cominciammo a prendere in considerazione la possibilità di registrare qualcosa. Raccontai loro dei due brani, registrati in Norvegia, che avevo nel cassetto e di quanto avrei desiderato concludere quel disco. Steve mi disse che aveva proprio un bello studio di registrazione a Milwaukee e che avrebbe avuto piacere di registrarmi. Così, cominciai a raccogliere il materiale a disposizione: avevo già scritto un certo numero di brani gospel-blues, ma non avevo ancora trovato la title-track. Poi, un amico mio cieco che frequenta la mia stessa chiesa, mi fece ascoltare una preghiera, che aveva scritto lui, chiedendomi cosa ne pensassi. Come ascoltai quelle parole, cominciai istantaneamente a sentire una musica nella mia testa; in quel momento capii che avevo trovato il brano principale che andavo cercando. Così, chiesi al mio amico se potessi usare quel testo dato che, in quella preghiera, avevo visto una canzone. E, proprio come per volontà divina, nacque Sancturay.
Questo album rappresenta sessant’anni di duro lavoro ma, alla fine, anche di gioia. Ringrazio Dio per avermi dato il dono della musica;
MB: spesso, i dischi suggeriscono qualcosa sul loro contenuto già dall’osservazione della copertina tanto che, la prima volta che ho guardato la bellissima foto in bianco e nero di 'Sanctuary', nella quale c’è ritratta la tua chitarra rivolta verso te quasi fosse uno specchio, e ci sei tu, chino su di lei, in un gesto che fa pensare a una forma di dialogo interiore con te stesso attraverso la tua immagine riflessa beh, quello è stato il momento esatto in cui ho avuto la sensazione che questo cd contenesse qualcosa di molto spirituale….
BL: hai ragione! Un’amica di Steve Hamilton, Claudia, ha scattato quella foto mentre mi trovavo in studio intento a controllare la chitarra. Non sapevo neppure che, in quell’istante, fosse stata scattata una foto;
MB: appena ho avuto copia di questo cd e ancora prima di ascoltarlo, ho subito pensato che tu avessi registrato un disco gospel. E, in un certo senso, è proprio così anche se non sempre lo è dal punto di vista delle forme musicali. Per esempio, già il primo brano, 'Fight For The Light', così come 'U-Haul' sono, invece, pezzi basati su un tipico New Orleans groove. Dunque, il gospel è qualcosa che, qui, va cercato principalmente dentro i testi?
BL: sì, è così. Evidentemente, l’hai ascoltato bene questo cd!
MB: quest’album parla di redenzione e di come cercare di essere una persona migliore; è pervaso di sincerità e devozione….
BL: hai ragione! Ti ringrazio! Io non ho sempre fatto la cosa giusta. Io sono un peccatore e quello del music business è un mondo assai duro. Penso che ognuno di noi, invecchiando, ambisca a una qualche forma di redenzione per gli errori commessi. Io amo cantare, suonare la chitarra e stare sul palco con grandi musicisti; quello è il mio rifugio sicuro. Lì, mi sento protetto e posso fare ciò che amo di più fare, sentirmi vicino a Dio. Non come là fuori nella giungla a combattere in un mondo di vedenti;
MB: 'The Gift', che è un vivace shuffle blues arricchito dal meraviglioso piano di Jimmy Voegeli e dal tono bello pieno della chitarra di Marc Spagone, racconta di come tu, adolescente, sei approdato a questa musica: come mai hai scelto di parlare di questo argomento?
BL: sento che il talento che ho per la musica sia un dono di Dio e, inoltre, pensavo che alla gente potesse interessare sapere da dove sono partito e conoscere le influenze musicali che ho subito durante la mia vita. Dunque, perché non scrivere una canzone su questo. Ma come fai notare, giustamente non ci sono soltanto io a creare la musica: c’è anche un gran gruppo di musicisti che hanno condiviso e ancora condividono con me questo percorso. Quindi, perché non dargli il giusto spazio e farli suonare?
MB: 'Sanctuary' è un grandioso soul-gospel dove si avvertono influenze degli Staple Singers mescolate a qualcosa che, grazie al dobro slide di Greg Koch, ricorda il Mississippi..…
BL: vero! Sai, tutto è cominciato nelle piantagioni del Mississippi con la schiavitù. Ma ciò che è davvero interessante e che tu puoi incatenare un uomo a un muro, ma non potrai mai incatenare allo stesso modo il suo spirito. Greg ha messo una grande anima in questo brano. Mi sento onorato per aver avuto sia lui che Dierdre (Deirdre Fellner, la corista, ndr) in questo album;
MB: parliamo del Mr. Big di cui canti in quell’omonimo, moderno blues lento in minore: chi è questo Mr. Big?
BL: l’idea per Mr. Big mi venne dopo aver ascoltato le notizie riguardanti il caso di Harvey Weinestein, il famoso produttore cinematografico. Ma Mr. Big, potrebbe essere anche un politico, un uomo d’affari o chiunque contribuisca a schiacciare, con le proprie azioni, tante brave persone. C’è molta gente ricca e famosa al mondo che, malgrado ciò, non è felice. Malgrado tutto il benessere e le persone che hanno sopraffatto lungo la strada, non sono ancora felici. E allora cosa li rende davvero felici? Cosa fanno? Dove vanno?
MB: musicalmente parlando ci sono, poi, alcuni brani più tradizionalmente gospel anche nella forma come 'If You Praise The Lord' e 'The Lord’s Prayer'. Quest’ultimo, come accennavi prima, pare ti sia “apparso” in sogno….
BL: sì, come dicevo, quel brano mi è venuto in sogno. Io adoro la musica gospel. Nel 1986, ho assistito a un concerto di James Cleveland al Saenger Theatre durante il New Orleans Jazz & Heritage Festival. Ne rimasi letteralmente rapito. Sapevo che, un giorno, avrei inciso un album gospel. In quanto cieco, non vedo i colori; ma quello che riesco a vedere è la bellezza nel cuore e nell’anima delle persone. Un nero, un gigante, un nano non mi mettono a disagio. Mi importa solo delle persone, degli handicappati, di tutti quelli meno fortunati di me. Una delle cose che tutti noi abbiamo in comune è il fatto che la musica ci dà gioia.
James Cleveland è stato uno straordinario uomo di Dio. Spero che, quando Gesù mi chiamerà alla casa del Padre, io possa stringere la mano a James Cleveland. Penso davvero che potremmo risolvere tutti i problemi del mondo se solo ognuno di noi potesse diventare cieco per almeno sei mesi. Capiremmo, così, quanto preziosa è la vita, quanto abbiamo bisogno uno dell’altro e che le apparenze non sono poi così determinanti. Quello che è il vero carattere di una persona, quello che ha dentro sono le cose davvero importanti;
MB: devo anche dire che, nell’insieme del disco, c’è un altro elemento che conferisce, anche a brani che non sono dei veri e propri gospel ('I Ain’t Gonna Stop' ne è un chiaro esempio), una profonda atmosfera gospel. Questo elemento è la tua vocalist Deirdre Fellner, detta anche The Lee-ette…
BL: sì, sì e ancora sì!!! Potrei proprio dire che è lei che fa la differenza in quest’album; senza di lei, Sanctuary non sarebbe nulla!
MB: 'The Lord’s Prayer' come anche l’ultima traccia, 'Jesus Is My Lord And Savior' (che, malgrado il titolo, è uno shuffle blues), sono state registrate in Norvegia, con un’altra band e in momenti diversi....
BL: già, con la Adam Douglas Band da Oslo. Adam è un gran chitarrista e un eccezionale cantante! Iver Oystein Erstad, il tastierista e suo fratello Per, bassista, sono stati cresciuti in chiesa da loro padre. Iver è uno dei più grandi chitarristi con cui mi sia mai capitato di lavorare in vita mia. Lui ha proprio lo Spirito! Per, ottimo musicista come suo fratello, pure ha lo Spirito. E, da ultimo, John Reidar Furulund che è un valente batterista. E la cosa che più mi piace di John è che riesce a tenere anche i tempi sostenuti mantenendo intatta tutta la sua espressività;
MB: ovviamente, in 'Sanctuary' c’è tutto il tuo ormai riconoscibile stile chitarristico e penso proprio che questo disco, insieme a 'Six String Therapy' e 'My Lady Don’t Love My Lady', sia tra i tuoi migliori in assoluto, se non addirittura il tuo capolavoro. Cosa pensi di 'Sanctuary' in rapporto ai tuoi precedenti dischi?
BL: penso proprio che sia il mio capolavoro. E sono d’accordo con te in merito al fatto che Six Stirng Therapy e My Lady Don’t Love My Lady siano stati i miei dischi migliori, prima di Sanctuary;
MB: un’ultima domanda: cosa rappresenta la foto stampata sopra il cd? Ricorda il soffitto di una chiesa…..
BL: sì, è esattamente quello. E’ il soffitto di una chiesa di Milwaukee, Wisconsin. Quella foto è stata scattata da mio cognato. Volevo che la gente, guardando il disco, potesse pensare di essere in chiesa; e magari avesse voglia di recitare una preghiera o cantare insieme a me.