Eliza Neals - Black Crow Moan - Macallè Blues

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Eliza Neals - Black Crow Moan

Recensioni

Il disco raccontato da...

Eliza Neals

ELIZA NEALS

"Black crow moan"

E-H Rec. (USA) - 2020

Don't judge the blues/Why you ooglin' me/The devil don't love you (feat. Joe Louis Walker)/Watch me fly/River is rising/Run sugar run/Black crow moan (feat. Joe Louis Walker)/Never stray (feat. Derek St. Holmes)/Ball and chain (feat. Derek St. Holmes)/Hey, take your pants off

    
Pianista, vocalist, prolifica autrice, arrangiatrice e produttrice Eliza Neals, nasce cantante d'opera ma si fa, ben presto, promotrice, insieme alla sua band, The Narcotics, di un genere ibrido che è combinazione di blues elettrico, rock psichedelico e southern soul, il tutto conservato sotto lo spirito da jam band.
Ma questo suo nuovo Black Crow Moan rappresenta, tra i suoi dischi, quello dalla più decisa e marcata connotazione blues, grazie anche alla presenza di un ospite d'eccezione come Joe Louis Walker. La Neals, che qui dimostra anche tutta la sua maturazione come autrice, conferma di essere quella cantante che già conoscevamo, dalla passionale, minacciosa, focosa grana.
E di questo disco, con Eliza Neals, abbiamo parlato nell'intervista che segue…..

 
Macallè Blues: Eliza, tu sei cantante, autrice e pianista. Cominciamo dal canto: chi non conoscesse la tua storia, difficilmente sarebbe portato a pensare che tu abbia studiato canto lirico, se non per via di alcuni peculiari aspetti che dimostri di possedere come il controllo di voce, un vibrato assai ben governato e il modo con cui, come si suol dire, “porti” la voce…..
Eliza Neals: quando canti come sono solita fare io, passando dal rauco al cristallino nello spazio della stessa frase, il mio passato operistico diventa evidente. Il fatto che io possa permettermi questi vocalismi ginnici senza farmi del male è qualcosa che deriva proprio e direttamente da quel tipo di esperienza e training;
MB: però, considerato che la tua natura di cantante va in una direzione stilisticamente ben diversa rispetto a quella levigata e accademica dell’opera, penso che tu avrai dovuto dimenticare o, quanto meno, accantonare molto di ciò che hai imparato in conservatorio….
EN: capisco quello che vuoi dire, però sfido chiunque a tentar di cantare nel modo in cui canto io, per novanta minuti filati, ogni giorno, per dodici giorni di fila, riuscendo poi a parlare a piena voce, senza essere stato educato a questo e senza aver pienamente appreso la tecnica vocale classica;
MB: ma, fortunatamente, il tono crudo, asprigno della tua voce che è, poi, un tuo tratto caratteristico, viene sempre fuori forte e chiaro…..
EN: ti ringrazio. Quella è tutta passione, dolore e parecchio esercizio;
MB: tu sei sempre stata un’artista energica incline al rock/R’n’R ma, secondo me, questo disco mostra di te due, diciamo così, aspetti inattesi: rispetto ai precedenti lavori, 'Black Crow Moan' suona molto più intimo e blues. E quando dico ‘blues’ intendo dire che ha una connotazione stilistica che va palesemente in questo senso piuttosto che essere solo sfumatamente ‘bluesy’….
EN: ho scritto per anni usando il piano e sentivo che, adesso, era venuto il momento giusto per liberare questa parte di me e mostrarla apertamente;
MB: infatti, il blues salta fuori subito con il brano di apertura, 'Dont’ Judge The Blues' e lo ritroviamo anche immediatamente dopo con la successiva 'Why You Ooglin’ Me'. Questi pezzi si reggono sulla chitarra secca e brutale di Mike Puwal. Mike è uno degli artisti ospiti del disco; viene dalla band di Kenny Wayne Shepherd…..
EN: Mike è un chitarrista davvero brillante e ha coprodotto, con me, alcuni dei brani del disco. E’ anche un eccellente ingegnere del suono e, sì, ha lavorato ad alcuni dei dischi di Kenny Wayne Shepard;
MB: parlando di artisti ospiti, ce n’è uno che fa davvero la differenza: quell’icona del blues che è Joe Louis Walker. Joe suona in due pezzi: 'The Devil Don’t Love You' e in quell’intenso blues in minore che è 'Black Crow Moan' dove, oltretutto le vostre voci duettano. Sembra proprio che Joe abbia donato un profondo blues feeling a questi due brani e direi, inoltre, che le vostre voci si incastrino molto bene insieme in  un amabile gioco di domanda e risposta….
EN: sì, lavorare con Joe è stato superlativo; lui è un vero gigante del blues e, nascosta dietro ogni sua nota, c’è una storia importante. Avevo in testa la sua voce per Black Crow Moan, il brano omonimo che ho scritto due anni fa. Sapevo che le nostre due voci assieme avrebbero creato una gran bella trama. E quella profonda granulosità vocale che Joe sa esprimere, sapevo avrebbe arricchito il testo;
MB: per questo disco hai messo insieme un esercito di musicisti ospiti: oltre ai già menzionati Joe Louis Walker e Mike Puwal, troviamo Derek St. Holmes (Ted Nugent Band), Bruce Bears tastierista di Duke Robillard, Jim Alfredson ex tastierista di Janiva Magness e Jeffrey “Shakey” Fowlkes (Too Slim and the Taildraggers). E torna anche il chitarrista abituale della tua band, Howard Glazer….
EN: è stato un grande piacere lavorare con ben diciotto musicisti, inclusi tanti pesi massimi. Ho sempre cercato di lavorare con gente con la quale non avevo mai lavorato prima; è un modo per imparare, avere a che fare con qualcosa di nuovo e inatteso;
MB: veniamo all’Eliza Neals autrice: non trovi che le tue capacità di cantautrice siano molto maturate con questo disco? Sembra che, qui, tu abbia anche acquisito più confidenza con te stessa. E’ solo una mia impressione?
EN: sì, è vero. Ho affinato la mia arte imparando dai grandi, lasciando che tutto venisse fuori, compresi certi argomenti sui quali ho dovuto essere un po’ più coraggiosa e impavida, rispetto al passato, per riuscire a parlarne. Ho scritto, arrangiato e quasi interamente prodotto questo album, ad eccezione di The Devil Don't Love You che è stata prodotta da Joe Louis Walker. Tutte le mie esibizioni e i tour, anche quelli internazionali, mi hanno aiutata in questo e anche i miei fans hanno contribuito ad accelerare questo processo di maturazione;
MB: 'Watch Me Fly' e le ballate blues-rock 'River Is Rising' o 'Never Stray' suonano così intime e personali…
EN: quelli sono brani sui quali ho lavorato per alcuni anni, scrivendo e riscrivendone le parti direttamente sul mio piano Hardman del 1937. Ognuna, di volta in volta, ha mutato forma fino a che non ha raggiunto la sua  propria. Come ho detto, le idee contenute in questo disco era destino che venissero fuori ora e io ho semplicemente lasciato che ciò accadesse;
MB: 'Run Sugar Run' suona come un gioioso pezzo rock jam in contrasto con la storia di cui narra che è una storia oscura di consapevolezza e ammonimento….
EN: in questo brano, ho tenuto ben presente quanto il mio maestro e mentore Barrett Strong Jr (l’autore di I Heard It Through The Grapevine) mi ha sempre consigliato: dare un ritmo upbeat a una storia triste affinché la gente possa ballarci sopra e sentirsi felice. Diversamente, una storia triste su una musica triste, sarebbe un doppio colpo!
MB: l’unica cover presente nel disco è 'Ball And Chain' di Big Mama Thornton, sebbene il termine “cover” non sia esattamente quello più appropriato considerato che, questa tua versione è piuttosto diversa tanto da quella di Big Mama Thornton quanto da quella di Janis Joplin. Sembra quasi che tu l’abbia riscritta, rallentandola e trasformandola in qualcosa di veramente tuo….
EN: dopo aver ascoltato entrambe le versioni di cui parli, l’ho suonata sul piano a modo mio. Ho cominciato, poi, a proporla nei concerti e ho notato che aveva molta presa sul pubblico che, ascoltandola, si arrestava come ipnotizzato. Ho pensato, allora, che quello fosse il momento giusto per registrarla;
MB: l’album si chiude con lo shuffle danzereccio 'Hey, Take Your Pants Off'….
EN: volevo chiudere il disco e lasciare tutti sulle note di qualcosa di più leggero. Ascoltare questo disco, dal primo all’ultimo pezzo, potrebbe essere stata un’impegnativa cavalcata; dunque, se tu ascoltatore, hai avuto la costanza di stare con me fino alla fine, voglio premiarti con un brano leggero così, forse, avrai voglia di ricominciare daccapo.
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