Rico Migliarini - Suono I Blues A Casa Mia - Macallè Blues

Macallé Blues
....ask me nothing but about the blues....
Vai ai contenuti

Rico Migliarini - Suono I Blues A Casa Mia

Recensioni

Il disco raccontato da...

Rico Migliarini

Rico Migliarini

"Suono i blues a casa mia"

Autoprodotto (ITA) - 2023

Suono i blues a casa mia/E' finito lo show/Inseparabili/Camignano river/Manca il treno/Sicilian heat/Re del playback/Maco Taco/Buffone/Non è vero ma ci credo
 
Cantante, autore ma, soprattutto verace armonicista dai lunghi trascorsi musicali, Rico Migliarini, dalle più remote origini artistiche ha guadagnato il proprio più alto accredito con la Rico Blues Combo, gloriosa formazione umbra con la quale ha intrecciato i propri destini musicali per anni, elevandola al rango di una tra le migliori realtà blues del nostro bel paese. Terminata quell'esperienza e dopo un periodo trascorso in maniera un po' defilata, Rico Migliarini è tornato a noi in veste solista con questo progetto che, dice lui stesso, aveva in mente da almeno quarant'anni. Un lavoro sicuramente coraggioso e che, per modalità e ispirazione, conta ben pochi precedenti nella storia del blues di casa nostra.
Macallè Blues lo ha incontrato per parlare di questo Suono I Blues A Casa Mia.........

 
 
Macallé Blues: per prima cosa, mi piacerebbe che tu ricordassi brevemente i tuoi esordi e il tuo percorso artistico e come è nato il tuo amore per il blues che, per gente come noi, nata e vissuta al di qua dell'oceano, mi sembra sempre un aspetto di interesse e curiosità.....
Rico Migliarini: ho trascorso gli ultimi quarantacinque anni coltivando questa folle passione per l’armonica blues ma tutto è iniziato, da adolescente, nella prima metà anni '70, con una venerazione quasi maniacale per l'Edoardo Bennato degli esordi, per le sue ballate indiavolate e l’utilizzo che faceva dell’armonica. Sono gli anni delle prime radio libere e, frequentando la locale stazione, fra gli scaffali dei dischi c’era una collezione de La grande storia del Rock, una di quelle enciclopedie con piccole dispense da rilegare. Fra i vari vinili scoprii dei nomi leggendari che avevano contribuito al mito del blues e dell’armonica blues: Sonny Boy Williamson, Sonny Terry, Jimmy Reed, Muddy Waters, Otis Spann, Junior Parker. E’da allora iniziato un viaggio affascinante alla scoperta dei maestri: Little Walter, Big Walter, James Cotton, Slim Harpo, tanti vinili da consumare, come anche libri su cui perdere il sonno. Un paio di anni dopo, il 20 luglio 1978, nella città in cui vivo, Gubbio, fece tappa Umbria Jazz il grande e noto festival, all’epoca itinerante, dove in cartellone, quella sera, oltre alla big band di Buddy Rich e al quintetto di Giovanni Tommaso, c’erano due autentiche leggende e fuoriclasse del blues: Buddy Guy & Junior Wells con la Chicago Blues Band. Non avevo assolutamente idea di chi fossero esattamente, ma fecero un grande concerto e fu decisamente il colpo di grazia al quale fu impossibile sottrarsi e che spalancò un orizzonte infinito.
I miei primi anni '80 furono contraddistinti dai primi live con band attive localmente e il primo serio tentativo avvenne nel 1985 la ½ Blues Band, quintetto elettrico che si confrontava principalmente con il blues Chicago-style. Nel 1987 fu la volta della Wolves Blues Band, formazione con sezione fiati e pianoforte che realizzò due album: Mixaudio (1989, compilation contenente materiale di band umbre) e Last Nite, del 1993. Nel 1996 la nuova avventura si chiamò Rico Blues Combo e realizzò cinque albums: White Whiskey nel 1997, Sleepy Town nel 2000, Live at Murphy’s nel 2002, House Of Blues Rags nel 2005 e il disco del ventennale, nel 2016, 20, pubblicato dopo una pausa nella quale ognuno di noi, si è occupano di progetti solistici e collaborazioni diversificate;
MB: al netto delle tue precedenti uscite discografiche di "gruppo", per così dire, mi pare che questo sia il tuo primo disco solista, giusto?
RM: sì, avevo conservato negli ultimi anni, nel classico cassetto, tutta una serie di appunti, soprattutto per i testi e, mi sono detto, meglio tardi che mai. Chiaramente ho dovuto fare, come dire, un aggiornamento; alcuni spunti e tematiche erano di oltre dieci anni fa e mi sembravano inadeguati, eccessivamente lontani da come le avrei affrontate a tanti anni di distanza;
MB: devo dire che, quando mi hai scritto per parlarmi dell'uscita del disco, la prima cosa che mi ha enormemente sorpreso è stato il titolo; non solo in quanto titolo inaspettatamente italiano, ma in quanto titolo in sé. Quell'espressione 'Suono i blues a casa mia' mi era parsa come un'affermazione di duplice lettura: da una parte, a significare "li suono come mi garba"; dall'altra quasi a dire "li suono per me e per pochi altri". Tra le mie mura, appunto, senza render conto a nessuno o badare al gusto altrui. Ascoltato il disco, ho scoperto la terza possibile lettura, forse quella autentica: questi blues li suono in Italia.....
RM: vorrei suonarli in Italia e ovunque sia possibile, ma capisco che cantarli in italiano, come puoi immaginare e già mi è stato detto, può provocare incomprensioni ed equivoci. Forse è testardaggine o non saprei dirti cosa ma, Suono I Blues A Casa Mia, è soprattutto figlio di una passione oltre quarantennale, nato coltivando questa piccola ma immensa follia di suonare l’armonica blues. Ed è qualcosa che andava raccontato in italiano. In ogni caso, questo lavoro è nato proprio dal titolo che avevo in mente da tanti anni;
MB: l'altra cosa che mi ha sorpreso, sempre legata al titolo, è che sembrava voler far immaginare un disco di natura musicalmente "trasversale"; con qualche riferimento al blues, sì, ma fondamentalmente un disco più cantautorale, o meglio un ibrido tra blues e canzone d'autore per come la intendiamo noi. In realtà, l'ascolto ha rivelato un lavoro, dal punto di vista della forma, assai tradizionale e legato principalmente al classico blues elettrico chicagoano.....
RM: sì, hai colto l’aspetto principale del lavoro, ho cercando di muovermi all’interno di un territorio che frequento, come dicevo, da oltre quarant'anni; mi auguro che ascoltando il CD siano evidenti i legami puramente musicali nell’utilizzo di ritmi e strutture caratteristiche del genere che sono una prerogativa essenziale di questo progetto;
MB: in qualche modo l'abbiamo già citato ma, l'altro elemento di sorpresa è che si tratta di un disco fatto di canzoni con testi in italiano. In passato ci sono stati tentativi, anche se pochi a dire il vero (potrei citare Fabio Treves e Rudy Rotta o, per deviare dal circuito mainstream, Guccini coi Nomadi e la loro Statale 17!) di conciliare due musicalità differenti come quella del blues e della nostra lingua. L'accostamento non è dei più facili e immediati, per metrica e ritmo. Tu come ti sei rapportato con questo aspetto e qual è la ragione che ti ha spinto a scegliere di scrivere i testi in italiano?
RM: oltre al fatto di avere più familiarità, almeno spero, con la lingua italiana, avevo questo desiderio che si è trasformato in un’incalzante ossessione che doveva essere appagata. Ovviamente quando ti avvicini al blues, al di là degli aspetti puramente tecnici, è necessario, credo, comprendere anche le connotazioni sociali che hanno plasmato e dato incredibile forza a questo genere ed espressione musicale che sono indubbiamente lontani dal “background” di chi è nato e vive, come me, in una città del centro Italia che ha una storia ultra millenaria e quindi con punti di riferimento ovviamente diversi. Ho cercato, quindi, di evitare, per quanto possibile, temi, argomenti o situazioni che trasportati nella nostra lingua, secondo me, non hanno quella forza e impatto dell’originale anche se inevitalbimente alcuni simboli tradizionali, non potevano esser messi da parte;
MB: entrando nel merito del contenuto del disco mi è parso un lavoro dove, sebbene l'armonica, seppur ben bilanciata e anche discreta, giochi il ruolo principale, prevale un approccio molto corale, orchestrale direi, senza troppi spazi solistici, quasi a voler porre più l'accento sulle canzoni in sé.....
RM: certamente. Volevo, in qualche modo, evidenziare proprio questo aspetto di compattezza della band evitando lunghi assoli che, è chiaro, nei live hanno più spazio. Abbiamo comunque registrato quasi tutto in diretta, tutti insieme, tranne le voci e musicisti ospiti, parti soliste incluse;
MB: nel disco che, come dicevo, trova il proprio principale riferimento stilistico nel Chicago blues, sono anche presenti due strumentali: Camignano River e Sicilian Heart. Mentre il primo è un classico "back porch" blues per soli armonica e tacco, il secondo esce decisamente dai canoni del blues più tradizionale per assumere connotati evocativi e quasi cinematografici direi.....  
RM: il Camignano River è un piccolo torrente che taglia la città dove vivo e costituisce un riferimento improponibile con il Mississippi, ma evoca dei ricordi di bambino quando, con gli amici, andavamo a giocarci a calcio d'estate quando era in seccca (quasi sempre, anche in inverno). E’un omaggio ideale a quel periodo, ispirato ai due Sonny Boy Williamson; spero non si rivoltino nella tomba! Sicilian Heart, era stato registrato in passato anche con la Rico Blues Combo ed è un pezzo al quale sono molto legato per ragioni familiari da parte materna; qui, ne abbiamo realizzato una versione più scarna con chitarra, chitarra slide e percussioni;
MB: c'è anche una vena ironica che emerge a tratti come in 'Manca Il Treno', nella conclusiva 'Non È Vero Ma Ci Credo' e, soprattutto, in 'Buffone', delizioso episodio acustico nel quale l'aspetto ironico si ritrova anche in alcune citazioni musicali.....
RM: il treno è un altro simbolo del blues e, nella mia città, non c’è più una linea ferroviaria, parzialmente distrutta durante la seconda guerra mondiale e mai ricostruita. I pionieri del blues sostenevano che ogni armonicista, per ritenersi tale, doveva imparare a imitare il treno e trascorrevano intere giornate nei pressi di stazioni o binari per cogliere quei dettagli e quegli elementi da copiare con l’armonica: il ritmo del motore, gli sbuffi, i fischi, la frenata. Manca Il Treno nasce proprio da questa assenza. In generale, come nella parte strettamente musicale e nei testi, ci sono riferimenti evidenti a simboli classici: il treno, i viaggi, i fiumi che non scorrono necessariamente nel sud degli Stati Uniti o non si muovono su rotaie verso Chicago. Sarei presuntuoso nel sostenere di possedere una vena ironica, ma certi argomenti andavano affrontati con leggerezza cercando di non essere banale o sciocco e spero di esserci riuscito. Le citazioni musicali le ritengo quasi un dovere, è una forma di rispetto per quei musicisti, in questo caso, di blues, che sono venuti prima di noi e sono sempre un solido punto di riferimento;
MB: vogliamo, infine, raccontare qualcosa sui musicisti che hanno partecipato alla realizzazione di questo disco e che costituiscono, poi, la tua band alla quale si sono aggiunti alcuni ospiti.....
RM: la sezione ritmica è affidata a un’esperta e formidabile accoppiata della quale ho infinita stima e con la quale ho condiviso più di trent'anni della mia vita musicale: Giuliano Bei alla batteria e Mirco Capecci al basso. Non ho mai immaginato questo lavoro senza la loro presenza e, al di là della profonda amicizia che ci lega, i loro suggerimenti e consigli, a volte espressi con affettuosa energia, sono state rare perle di saggezza. L’incontro con Edoardo Commodi, pur conoscendoci a distanza, è stato nello studio di registrazione di cui è fondatore, La Pepita, a G. Tadino (PG). Pur arrivando da esperienze diverse, è lui che mi ha stimolato a realizzare il disco offrendosi come chitarrista. Non so perché ho accettato, ma ho scoperto un musicista di notevole sensibilità e competenza, il cui approccio è molto rispettoso. Ha suonato anche il banjo ed è stata sua l’idea mettere la chitarra slide di Norberto Becchetti e le percussioni di Michele Fondacci in Sicilian Heart. Due grandi maestri, in tutti i sensi, anzi tre con la strepitosa presenza di Lorenzo Cannelli, il quale aveva già una registrazione della traccia dove inserire il pianoforte Maco Taco. In studio, ascoltati gli altri pezzi per la prima volta ha registrato, senza esitare, su altri quattro brani che erano stati già chiusi, non potendo, quindi fare dei soli, ma limitandosi a dare qualche colore. E’stato sorprendente vederlo al lavoro.
 
Torna ai contenuti