Vanessa Collier - Heart On The Line - Macallè Blues

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Vanessa Collier - Heart On The Line

Recensioni

Il disco raccontato da...

Vanessa Collier

VANESSA COLLIER

"Heart on the line"

Phenix Fire Rec. (USA) - 2020

Super bad/What makes you beautiful/Bloodhound/I don't want anything to change/Leave your hat on/Take a chance on me/If only/Weep and moan/Who's in power?/Freshly squozen/Heart on the line

    
Sassofonista dallo stile squillante, ritmico e incisivo, cantante dalla chiara, sottilmente carnale dizione, a metà strada tra Bonnie Raitt e Susan Tedeschi, e autrice dall'arguto songwriting, la giovane texana d'origine Vanessa Collier, esce con un nuovo lavoro (il suo quinto!) autoprodotto che la vede trionfare quale artista a tutto tondo, efficace e convincente, immersa in una poetica frugale e verace.
Già vincitrice di due Blues Music Awards, rispettivamente nel 2019 e nel 2020, Vanessa Collier si candida ad essere considerata una tra le più promettenti e giovani artiste del panorama contemporaneo.
Con lei, nell'intervista che segue, abbiamo discusso di Heart On The Line…..


Macallé Blues: prima di tutto, lascia che ti presenti brevemente a chi magari non ti conosce ancora. Sassofonista e multistrumentista, diplomata al Berklee College Of Music di Boston, hai suonato con luminari del blues come Joe Louis Walker prima di intraprendere la carriera solista. Cosa ti ha indotto a voler affrontare questa strada?
Vanessa Collier: il fatto di aver suonato con Joe Louis Walker, durante l’ultimo anno di college, mi ha aiutato a focalizzare la mente sul diventare un’artista solista. Ho avuto modo di osservare Joe Louis Walker lavorarsi il pubblico, sera dopo sera, per quasi un anno e mezzo e questo mi ha permesso di imparare molto da lui. E ho anche cominciato a pensare che la chiamata alla quale dovevo rispondere fosse quella di essere io la principale artefice delle cose che volevo fare, tanto sul palco quanto fuori dal palco: quella che scrive, arrangia, produce e che torna a mettere il sassofono in prima linea e al centro del palco. Terminata l’esperienza con Joe Louis Walker, mia madre fu la prima a incoraggiarmi a registrare un disco mio. Così, presi la palla al balzo per dare il via alla mia carriera da solista. Fortunatamente, sono stati cinque anni di sfide e duro lavoro durante i quali sono stata in grado di avviare la mia carriera seguendo la mia personale visione artistica. Tutto ciò è stato estremamente appagante: ho incontrato un sacco di bella gente, così come tanti ottimi musicisti e sono davvero grata per tutto ciò;
MB: un ben bilanciato mix di funk, soul e blues è sempre stato l’ingrediente principale dei tuoi precedenti dischi. Ingrediente che è diventato, direi pure, il tuo marchio di fabbrica nel corso degli anni. In questo senso, il nuovo disco Heart On The Line, non fa eccezione.
VC: i miei dischi sono tutti radicati nel blues, nel funk e nel soul perché sono i generi che rappresentano la mia essenza. Io sono cresciuta con quella musica e con canzoni che raccontavano qualcosa. Ogni mio disco è vicino alla mia visione e alla mia capacità di vederci la realtà attraverso. Ovviamente, mi sono confrontata anche con ben altre influenze: Sippie Wallace, Bonnie Raitt, Ruth Brown, The Wood Brothers, The Highwomen, Norah Jones e molte altre ancora. Però sono veramente orgogliosa di Heart On The Line perché è il primo dei miei dischi che sento di aver sviluppato esattamente come avrei voluto. Inoltre, a causa della pandemia, ho avuto a disposizione un po’ di tempo extra per scrivere le parti dei fiati per nove delle undici canzoni presenti. Ho riscritto i testi fino a quando non ero davvero soddisfatta di come erano venuti. Mi sono concessa anche un po’ di attenzione in più nel registrare le parti vocali e quelle dei cori; inoltre, l’ingegnere del suono Rich Mendelson e io ci siamo permessi di lavorare sul mix dei brani per amalgamarli meglio tra di loro. Credo proprio che questo tempo e queste attenzioni extra abbiano fatto la differenza nel risultato finale dell’album;
MB: e direi che, anche questo disco, mette ben in mostra i tuoi altri due talenti: quello di cantante e, forse più di tutti, quello di arguta e rimarchevole cantautrice…..
VC: ti ringrazio molto!! Scrivere canzoni è un’arte a sé che credo di aver affinato sempre più, disco dopo disco, e che spero di perfezionare ancora. Confesso che è sempre stato un mio sogno quello di essere riconosciuta, anche da altri artisti, per le mie doti di cantautrice e di autrice, oltre che essere una grande artista e sassofonista io stessa. Scrivere canzoni è divertente, così come è laborioso e stimolante; devi far sì che la storia cresca, si sviluppi nel suo significato, di verso in verso, e non è sempre così semplice perché scrivere non è cosa che accada di colpo. Capire come i versi possano incastrarsi bene tra loro per riuscire a costruire una storia efficace, è come risolvere un misterioso puzzle. E siccome, per me, il blues è sincerità e autenticità, cerco di scrivere canzoni che siano vere e genuine. Sono riconoscente per il fatto che le persone siano venute a contatto con le mie canzoni attraverso tutti i miei dischi;
MB: ‘Heart On The Line’ è un disco autoprodotto: considerato che non credo tu possa avere difficoltà nel trovare etichette discografiche interessate a te, qual è il motivo di questa scelta?
VC: ho pubblicato tre dei quattro dischi precedenti per la mia etichetta, Phenix Fire Records, e li ho prodotti tutti quanti io. Ho deciso di fare così perché penso che, dopo aver studiato a lungo Prince e il mercato musicale in genere, l’artista debba avere un completo controllo su tutta una serie di aspetti come il proprio nome, la propria immagine, la propria visione artistica, la produzione, la distrubuzione e tutti gli affari più generali riguardanti i propri dischi.
Sono consapevole del fatto che il music business tenda a esautorare gli artisti da tutto ciò facendogli credere di non saperne abbastanza sul come ci si dovrebbe muove per farcela da soli. Ho seguito corsi alla Berklee School che mettevano in discussione il modello delle grandi case discografiche e che, alla fine, mi hanno indotto a credere che la figura dell’artista indipendente sia un’efficace alternativa a quel modello, in considerazione del fatto che permette agli artisti di avere più controllo sulla propria carriera e sulla propria vita.
In questo senso, ho intenzionalmente cercato di assorbire più conoscenza possibile da tutti quelli che ho avuto modo di incontrare; e questa attitudine all’osservazione e all’apprendimento, è stato uno dei vantaggi dell’essere introversa. Adoro sempre imparare e comprendere, anche dopo essermi guadagnata una laurea in Music Production & Engineering. Ho imparato parecchio riguardo le tecniche di registrazione da insegnanti, amici e ingegneri del suono, sia on the road che in studio. Ho continuato a studiare quest’arte a ogni livello e so bene che ho ancora molto da imparare.
Trovo che il vecchio modello delle case discografiche sia l’esatto opposto di questo approccio. Storicamente, le case discografiche non hanno mai cambiato atteggiamento se non quando sono state, in qualche modo, forzate a farlo. Ci sono, certo, eccezioni ma penso siano davvero rare.
Ho registrato un disco con un’etichetta indipendente e penso che mi abbia dato quelle opportunità che, diversamente, non avrei avuto come, per esempio, conoscere Laura Chavez. Ma ho dovuto cedere troppa parte del controllo artistico sull’opera e la cosa mi ha reso scontenta perché non era certo mia intenzione registrare un disco per il quale avrei dovuto seguire soprattutto i capricci del responsabile dell’etichetta. Avere la possibilità di ingaggiare, in autonomia, un buon team di musicisti, dei buoni ingegneri e un buon  pubblicitario può dare grandi risultati e mi fa sentire ben più a mio agio. Le persone con le quali sono solita lavorare sono generalmente più interessate a ritrarre me come l’artista che vorrei essere invece di provare a trasformarmi in quella che qualcun altro vorrebbe io fossi. È molto più gratificante essere in contatto con la musica dal principio alla fine ed è ciò che mi piace fare perché questo è assolutamente il modo nel quale viene fuori il meglio di me come musicista;
MB: per questo disco, hai portato in studio una bella lista di musicisti, nella quale troviamo alcuni nomi importanti come Doug Woolverton alla tromba, nonché una delle più giovani, talentose chitarriste attualmente sulla scena: Laura Chavez.
VC: sì, sento proprio che, per questo disco, io sia riuscita a mettere insieme il team col quale ho sempre desiderato registrare in studio. Laura Chavez è una delle migliori chitarriste del momento e io adoro il suo modo di suonare. C’è qualcosa nel suo stile, tanto nelle parti di chitarra ritmica quanto nei suoi assolo, che è proprio ciò di cui il disco aveva bisogno. Lei suona esattamente ciò che serve, senza aggiungere note inutili e, oltretutto, può suonare alla grande qualsiasi genere. E io imparo anche dall’ascoltarla suonare; parlando di musica o ascoltando la sua musica preferita. Sono davvero contenta di averla incontrata.
E sono anche molto grata per aver incontrato, in occasione delle Legendary Rhythm and Blues Cruises, alle quali ho partecipato anch’io, Doug Woolverton. Doug possiede una delle più belle voci di tromba che mi sia mai capitato di ascoltare, tanto di persona quanto su disco; una voce così ricca e calda sull’intero registro dello strumento. Lui e Mark Earley mi hanno ospitato nella sezione fiati durante la mia prima Legendary Rhythym & Blues Cruise. Ho suonato con loro in jams ogni sera e sono davvero grata per questo.
Generalmente, sono sempre stata un po’ ignorata e sottovalutata nelle jam sessions e, invece, questi due musicisti mi hanno concesso molto spazio, sia per prendere assoli che per guidare la sezione fiati.
Ho apprezzato davvero molto tutti i musicisti che hanno suonato in questo mio disco e tutti quelli che, a vario titolo, ne sono stati coinvolti. Si sono dimostrati tutti un grande gruppo e sono molto grata con ognuno di loro per quanto fatto;
MB: allora, cominciamo a dare un’occhiata ai singoli brani! L’album si apre con una delle sole tre cover presenti: Super Bad’ di James Brown. La tua versione, rispetto all’originale, è un po’ rallentata tanto e suona sensuale e lasciva.
VC: sì...io adoro James Brown. Con Kenwood Dennard, ho fatto parte del James Brown Ensemble quando ero al liceo e ho avuto modo di capire quanto la musica di Brown, apparentemente semplice, fosse, in realtà, alquanto intricata. Alcuni degli assolo di Maceo Parker (a lungo sassofonista di James Brown, ndr) sono veramente fantastici. E molte delle canzoni di James Brown suonano ancora nella mia testa, di tanto in tanto.
Un giorno, ero diretta nel Maryland, per andare a fare lezione, quando cominciai a cantare Superbad; solo che la stavo cantando rallentata e con armonie vocali sovrapposte. Continuai a canticchiarla pensando a quanto sarebbe stata forte, fatta così una volta messa a punto. Questa idea iniziale s’è poi materializzata nella versione presente sul disco che, alla fine, credo suoni davvero bene;
MB: il brano successivo è What Makes You Beautiful’ che è anche il primo degli inediti; qui, l’atmosfera diventa veramente ‘soulful’.
VC: mi sono divertita molto anche con questa canzone. L’ho scritta, sulla chitarra, per le mie sorelline, due delle quali stanno frequentando le scuole medie. Quando avevo la loro età, ricordo che ero molto insicura del mio corpo e di ciò che fossi. Così, questa canzone è stato il mio modo per dir loro che sono belle per quello che sono e che hanno, in loro, una voce che merita di essere ascoltata. Mi piace questo tipo di musica; gli arrangiamenti, in questo genere, sono sempre grandiosi e mi è piaciuto molto occuparmi degli arrangiamenti dei fiati e dei cori per questo brano;
MB: tutto il tuo genuino spirito Delta blues si rivela pienamente con Bloodhound, un brano che parte acustico, con una chitarra resofonica, per poi svilupparsi in versione elettrica, con l’aggiunta di un breve assolo di Laura Chavez. I cori, in questo brano, sembrano richiamare atmosfere gospel…..
VC: Bloodhound è, probabilmente, il mio brano preferito dell’intero disco. È trascorso più di un anno da che ho scritto il suo intro, sulla resofonica, a quando ho cominciato a scrivere il testo. Sono cresciuta ascoltando musica country e la mia anima è sempre stata vicina al Delta blues che, per il mio orecchio, appartiene al medesimo filone musicale.
Mi è piaciuto il modo in cui la storia narrata è saltata fuori, come il Bloodhound richiama il protagonista della canzone a mettersi nuovamente nei guai. E l’assolo di Laura Chavez qui, è il mio preferito del disco. Lei sa sempre cosa suonare e ha spinto l’intera band nella giusta direzione con una sicurezza e una decisione tali che il resto della canzone è saltato fuori da solo. Sono proprio orgogliosa di questo pezzo, per il testo, la performance, la produzione. Spero di poter scrivere un altro centinaio di canzoni come questa;
MB: ‘I Don’t Want Anything To Change’ è una tenera ballata che mette in risalto la tua natura più intima, introspettiva e delicata….
VC: mi sono innamorata di questa canzone da che lo ascoltata in un DVD dal vivo intitolato Bonnie Raitt & Friends. La prima volta che l’ho sentita mi è venuta la pelle d’oca e credo pure di aver pianto. L’ho suonata dal vivo qualche volta, nei set più lunghi, e adoro cantarla e suonarci sopra. Parla di quando si ama qualcuno, ma lo si deve lasciare andare per la sua strada, accontentandoci dei ricordi che vivono in noi e attorno a noi. E ciò che ho amato aggiungere a questo brano dal vivo è stato un assolo di sax. Inizialmente, l’intenzione era quella di suonarlo col sax soprano, ma purtroppo, quel giorno, mi sono scordata a casa le ance del soprano e così, in studio, ho registrato l’assolo sul tenore. Riascoltando le basi, tornando a casa, ho pensato che la voce del tenore, per bellezza e lirismo, era quella giusta; così, alla fine, ho deciso di mantenere l’assolo di quelle tracce originali;
MB: un’altra sorprendente cover è ‘Leave Your Hat On’ di Randy Newman. Tu la reimmagini come un lento funk, conferendogli un’atmosfera davvero sexy.
VC: adoro questo brano! Al liceo mi trovai, per esercizio, a dover imitare il pezzo e l’ingegnere del suono col quale lavoravo mi fece ascoltare la versione di Etta James. Pensai subito che la linea del basso fosse la più funky e migliore che avessi mai sentito. E ancora oggi, quando la ascolto, l’effetto è quello! All’epoca, non mi fu permesso di cantarci sopra, ma sviscerai quella versione in ogni suo aspetto e, da allora, ho sempre desiderato così tanto suonarla dal vivo. Così, finalmente, l’ho inserita in un disco! Arrangiare e suonare le parti dei fiati è stato davvero divertente, soprattutto il break prima della terza strofa che è la mia parte preferita della canzone, direi. E la band è stata strepitosa!
MB: Take A Chance On Me’ è un brano che parla di autoaffermazione con un marcato Memphis sound.
VC: ti ringrazio! Questa è stata una canzone veloce da scrivere. Quanto meno, è stato veloce definirne la struttura generale; il testo, ha richiesto un po’ più tempo.
L’ho scritta sul basso. Mi è venuta l’idea principale sul basso, ma ho dovuto attendere un po’ per trovare le parole giuste che potessero adattarsi alla canzone. Il mio intento era quello di scrivere qualcosa per le persone sottostimate; qualcosa che celebrasse i tipi cheti, introversi, persone che talvolta vengono ignorate, ma che spesso hanno qualcosa da dire.
E Take A Chance On Me voleva essere anche un’affermazione riguardante in particolare questo disco. Sento che Heart On The Line sia davvero un riflesso di me col quale mi sono concessa delle opportunità per le quali, credo, i miei precedenti dischi non fossero pronti. È la rappresentazione di dove sono arrivata come artista. Oggi, sento di sapere chi sono e di conoscere la ragione per la quale sono qui. E desidero continuare a fare musica di cui essere orgogliosa;
MB: a mio avviso, uno dei brani più interessanti è il blues in minore Weep And Moan’ che mescola oscure atmosfere da Cotton Club con una chitarra molto blues, parti vocali ficcanti, un sax ululante e una lieve atmosfera gospel a pervadere l’intero pezzo….
VC: di nuovo grazie! Adoro pressoché tutto ciò che viene fuori da New Orleans e questa canzone è stata proprio ispirata dalle marce e ballate d’un tempo. Adoro suonare e cantare su un blues lento e pensavo che sarebbe stato divertente provare a scriverne uno; questa è stata le genesi di Weep and Moan. Oltretutto sapevo che questa canzone sarebbe stata l’ideale anche per Laura perché lei è incredibile sui blues lenti. Sviluppare le parti dei fiati e dei cori è stato pure divertente. Ho avuto questa visione iniziale di un pugno di voci che rispondevano un po’ come in I Don’t Know di Ruth Brown. Desideravo che questo brano suonasse immenso e mi è piaciuto scrivere le parte del sax baritono e dei fiati tutti che volevo fossero belli sciolti e sinuosi;
MB: l’omonima ‘Heart On The Line’ pure ha una certa atmosfera da ‘second line’ stile New Orleans. Sembra quasi il tipico brano da ‘marching band’. Non è la prima volta che le sonorità di New Orleans saltano fuori nella tua musica: ti senti musicalmente legata a questa citta?
VC: sì, come ho già avuto modo di dire, adoro la musica di New Orleans! È il posto dove è nato quel tipo di blues, che mi piace assai, incentrato su pianoforte e fiati. Snooks Eaglin, Dr. John, Professor Longhair, James Earl Booker, Dirty Dozen Brass Band, Jon Cleary, Preservation Hall Jazz Band sono alcuni dei miei artisti e gruppi preferiti. Mi piace il fatto che la tradizione musicale di New Orleans celebri la musica e che sia basata sui ritmi africani e caraibici. Non so cosa sia di preciso, ma la musica di New Orleans è qualcosa che mi comunica qualcosa e che mi fa ballare.
Fondamentalmente, Heart On The Line parla del fatto che, per quanto la vita sia dura, viene il momento in cui mi tolgo le scarpe, prendo una pausa e poi torno là fuori a combattere. Questo, per me, è lo spirito di New Orleans e della sua tradizione…celebrare la vita a dispetto di tutto ciò che accade in questo momento. È come osservare l’intero quadro, anziché un suo dettaglio, ed essere veramente positivi e ottimisti riguardo al fatto che, domani, potrà essere un giorno migliore. È anche un modo per ricordare a noi stessi di prenderci cura di noi affinché, poi, possiamo prenderci cura di chi amiamo e abbiamo a cuore;
MB: in questo, come nei tuoi precedenti dischi, ci sono due aspetti del tuo modo di suonare che davvero mi colpiscono: primo, suoni in modo sobrio ed economico; e, con ciò, intendo dire che non eccedi mai troppo con le note. E, secondo, hai un modo di suonare molto percussivo: suoni quasi più sul ritmo che sulla melodia…
VC: grazie molte! Penso di essere sempre stata atttratta dai musicisci che utilizzavano spazi e pause e che attaccavano, per così dire, i ritmi in una certa maniera. Miles Davis usava molto i silenzi, Cannonball Adderley era molto melodico, a volte in maniera feroce, ma lasciando grandi spazi; ed Ella Fitzgerald, pure, usava dare molto spazio e respiro alla musica e al canto.
Non sono mai rimasta impressionata dalla tecnica esasperata o dal suonare tante note, spesso superflue. Voglio che ogni singola nota significhi qualcosa e ho sempre privilegiato la melodia rispetto a una raffica di note. Questo è uno dei motivi per i quali il mondo del jazz non ha mai fatto per me. Tutti sono sempre così concentrati nel suonare tante note e scale. Ma al liceo, mentre facevo parte del James Brown Ensemble, conobbi, musicalmente parlando, Maceo Parker (a lungo sax alto di James Brown, ndr). Mi piacevano tutti gli spazi che metteva nel suo modo di suonare e come molte delle note che suonava sembrassero arrivare da posti inattesi, imprevisti; proprio come gli accenti battuti sul rullante della batteria. È ciò che rende questa musica davvero funky.
Mi piace suonare il sax cercando di imitare altri strumenti; a volte può trattarsi di una linea di basso, altre volte può trattarsi di una chitarra, altre volte ancora suono in modo più percussivo, proprio come suonerebbe un batterista. Mi diverto così e il sassofono è uno dei pochi strumenti che può entrare e uscire da differenti ruoli e differenti generi e mi piace esplorare tutte le sue possibilità;
MB: come nel tuo precedente, anche in questo disco si avverte una vera atmosfera ‘live’….
VC: cerco sempre di fare in modo che i miei dischi abbiano una vera atmosfera live; sebbene il vero live sia qualcosa di ancora diverso perché, dal vivo, lascio che l’atmosfera si apra ancora di più. Ho sempre suonato musica con sentimento e ammiro i musicisti che fanno lo stesso; fare così, porta la musica a più alti livelli e fa sì che le note saltino fuori dai dischi.
Non vorrei mai che un mio disco suonasse stagnante o povero di energia e personalità perché, per me, allora non ci sarebbe motivo di registrare quel disco. Ogni disco dovrebbe rispecchiare la vitalità dell’artista e spero che ognuno dei miei dischi rifletta ciò che sono in quel momento. Spero anche di poter continuare ad esplorare differenti generi, diversi colori e qualità tonali e a sperimentare perché quell’esplorazione ha a che fare col mantenimento del live feel di cui parlavi e che ogni artista dovrebbe amare profondamente e completamente;
MB: devo dire che questo disco sembra essere il tuo migliore di sempre….mi sbaglio? Che ne pensi?
VC: sono d’accordo! Non so se sia per l’effetto della novità o per via di quel vecchio adagio che dice che l’esperienza dà risultati. Mi sembra davvero che sia il mio disco migliore anche nel senso che esprime completamente ciò che sono in questo momento. Credo che finalmente io sia riuscita a esprimermi pienamente e in tutti i sensi. È proprio ciò che ho cercato di perseguire anche scrivendo storie di mio gusto. Qui, ho suonato coi musicisti coi quali ho sempre desiderato registrare un disco e, alla fine, grazie alla pandemia, ho avuto l’opportunità di prendermi più tempo e riscrivere i testi delle canzoni fino a che non hanno assunto la forma che desideravo; ho registrato le voci e i cori nonché tutte le parti dei fiati da casa. Quindi, l’ingegnere del missaggio, Rich Mendelson, e io abbiamo fatto scorrere, avanti e indietro, diverse versioni per aggiustare il mix. Lui ha avuto molta cura nel far suonare questo disco in modo davvero formidabile! Sono davvero eccitata da tutti gli aspetti di questo disco: i testi, la band, gli arrangiamenti, le parti dei fiati, quelle dei cori così come la mia interpretazione vocale, nonché il mixing/mastering. Sono davvero elettrizzata per Heart On The Line e orgogliosa del risultato raggiunto!!!
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